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COSTRUZIONE DI ALIMENTATORI A VALVOLE TERMOIONICHE PER RADIORICEVITORI

di Marco Gilardetti

Questo articolo, scritto originariamente per Le Radio Di Sophie, è stato pubblicato
sulla rivista Costruire HiFi (numero 97, Blu Press s.r.l., Marzo 2007).
E' qui presentato in virtù di un accordo scritto tra autore ed editore.   Tutti i diritti sono riservati.
Ne è vietata la riproduzione,  anche parziale,  senza citare la fonte.   Per l'inserimento come voce bibliografica:
Gilardetti M.: Costruzione di alimentatori a valvole termoioniche per radioricevitori. Il web (leradiodisophie.it), Giugno 2008.

 

NOTA INTRODUTTIVA

   Tutti i progetti presentati su questo sito e contenenti elementi attivi (ovvero valvole termoioniche) nel circuito richiedono un'alimentazione elettrica dedicata,  molto differente da quella richiesta dagli attuali circuiti a transistor.   Per quanto la strada più breve ed economica per provvedere a questa esigenza sia quella di costruire un alimentatore a semiconduttori seguendo uno degli ottimi schemi proposti nella sezione piccoli progetti,  l'idea di alimentare un circuito a valvole con un alimentatore a stato solido dà una sensazione di realizzazione "ibrida" che può lasciare insoddisfatti,  e che è del tutto inadeguata nel caso in cui si intenda realizzare un circuito integralmente filologico (ad esempio per ridare vita ad un mobile radio rimasto privo dello chassis originale).

   Nella maggior parte dei progetti destinati all'autocostruzione,  la sezione alimentatrice è del tutto assente o è liquidata con un piccolo schema e poche righe di circostanza.   Ciò costituisce un vero peccato in quanto la teoria degli alimentatori è interessante,  è di facile comprensione,  e si presta ad essere agevolmente padroneggiata dagli amatori in vena di esperimenti o in cerca di soluzioni raffinate.   Di seguito,  parallelamente alle note di Leonardo Mureddu [2] sugli alimentatori per radio d'epoca,  saranno riportati alcuni schemi costruttivi completi di molti tipi di alimentatori a valvole.   Se però,  in [2],  l'attenzione è posta sulla comprensione e sulla riparazione di un circuito esistente,  qui sarà posta sulla costruzione di un alimentatore a partire dai singoli componenti (di produzione attuale, nei limiti del possibile).

   Nella prima parte del testo saranno trattati diffusamente gli alimentatori a semionda.   Certamente in un libro di radiotecnica d'epoca non sarebbe stato dedicato tutto questo spazio ad alimentatori di tale tipo;   tuttavia,  con la loro semplicità,  essi consentono un ottimo avvicinamento didattico a circuiti di tipo più complesso.   Inoltre possono essere costruiti con trasformatori recuperabili da radio di produzione relativamente recente (fine anni '50 - anni '60) i cui telai - spesso in parte demoliti - abbondano ai mercatini o su internet.   In un certo senso,  quindi,  gli alimentatori a semionda divengono progressivamente più popolari man mano che ci si allontana dagli anni d'oro della radio.

   Seguirà poi una parte assai tradizionale sugli alimentatori a doppia semionda,  con inclusa (viceversa) una sezione di carattere quasi sperimentale sugli alimentatori a ponte.   Nella terza parte saranno passati in rassegna gli alimentatori riduttori ed elevatori di tensione,  nuovamente con alcune soluzioni sperimentali ed alcuni suggerimenti per utilizzare ed adattare al meglio quanto si è riusciti a reperire.   Il testo si chiuderà infine con un'ultima parte in cui si affronteranno alcuni temi relativi all'alimentazione dei filamenti. 

 

 

PARTE I:

ALIMENTATORI A SEMIONDA

I.1

CENNI GENERALI DI TEORIA DEGLI ALIMENTATORI

    Da alcuni decenni a questa parte,  dopo un periodo iniziale all'insegna del disordine più assoluto,  la corrente elettrica è distribuita presso le abitazioni italiane unicamente in forma di corrente alternata monofase.   Le ragioni per cui fu effettuata questa scelta definitiva sono molteplici,  e tra esse le principali sono la facilità di trasformazione e l'economia di trasporto.   Molti elettrodomestici,  in particolare quelli a motore (frullatori, lavatrici) o che generano solo riscaldamento,  possono utilizzare direttamente la corrente alternata.   Non è così per i circuiti elettronici contenenti elementi attivi (siano essi valvole oppure transistori) in quanto questi dispositivi necessitano di correnti di tipo continuo per poter funzionare correttamente.   Le tensioni di polarizzazione di griglie e placche,  difatti,  devono essere stabili e costanti.

   Il primo passo per "spianare" una corrente alternata è quello di eliminare le semionde negative utilizzando un diodo - a vuoto o a stato solido - sfruttando la sua proprietà di lasciar transitare la corrente elettrica in un solo verso.   Si ottiene in questo modo una corrente di tipo pulsato,  che è nota col nome di corrente diretta (D.C. in lingua inglese, figura 1.1).

Figura 1.1 - Passaggio da Corrente Alternata a Corrente Diretta tramite un diodo.

   La corrente è ora unidirezionale,  ma è ancora ben lontana dall'essere stabile e costante.   Per avvicinare questa corrente pulsata alla condizione ideale di corrente continua,  una prima idea possibile è quella di impiegare un condensatore di adeguata capacità per contrastarne le variazioni di tensione (figura 1.2).

 

Figura 1.2 - Schema di principio di un semplice alimentatore.

   I condensatori presentano difatti la caratteristica di tendere a mantenere la tensione presente ai propri capi,  così come un volano tende a mantenere la propria velocità di rotazione attorno all'asse.   Per meglio mettere in evidenza questa proprietà,  si supponga di aver caricato un condensatore ad una determinata tensione (diciamo 200 Volt) collegandolo ad una pila,  e si supponga in seguito di lasciarlo scaricare liberamente su una resistenza di carico (che in questo caso simula il carico del nostro radioricevitore nel suo complesso).   Si osserverà che la tensione presente sul carico calerà non istantaneamente,  bensì con un andamento di tipo esponenziale che è qualitativamente rappresentato in figura 1.3.

 

Figura 1.3 - Scarica libera di un condensatore su di un carico puramente resistivo.

   Pertanto,  quando il condensatore viene ciclicamente ricaricato dagli impulsi della corrente diretta come nel circuito in figura 1.2,  l'andamento della tensione sul carico risulterà simile a quello del grafico di figura 1.4.

   Lungo il tratto in colore verde (AB) la corrente che alimenta il carico (e contemporaneamente carica il condensatore) è erogata dal trasformatore attraverso il diodo.   Appena la tensione presente ai capi del trasformatore (tratto grigio) diviene inferiore alla tensione presente ai capi del condensatore (punto B),  il diodo entra in interdizione e sarà il condensatore stesso ad alimentare il carico,  scaricandosi liberamente su di esso (tratto in rosso BC) a spese della tensione presente ai propri capi,  con un andamento esponenziale del tipo già visto in figura 1.3.

 

Figura 1.4 - Studio della forma del segnale in uscita dal circuito di figura 1.2.

    In pratica,  nel tratto BC il condensatore svolge quasi il compito di una batteria tampone (non a caso il simbolo dei condensatori elettrolitici è una via di mezzo tra quello di una capacità pura e quello di un pila).   Come si deduce dalla figura,  la tensione in uscita non è completamente "spianata" come nel caso (ideale) di un generatore a pila ma presenta un andamento ondulatorio residuo più o meno accentuato (figura 1.5).   La differenza tra il picco massimo e minimo della tensione erogata è nota col nome di tensione di ondulazione (tensione di ripple in lingua inglese).
 

 

Figura 1.5 - Tensione in uscita dal condensatore di filtro.

   La trattazione su esposta è valida solo a regime (ovvero trascurando i primi istanti in cui il circuito non ha ancora raggiunto un comportamento stabile) e per carichi trascurabili.   Non è tuttavia il caso di procedere oltre con una trattazione teorica del caso generale,  in quanto il suo studio aggiunge complessità alla materia senza tuttavia aggiungere nulla di utile alla comprensione degli eventi fisici ed elettronici.  Quanto esposto può essere comunque considerato,  in prima approssimazione,  sostanzialmente corretto.

   Riguardo all'uso di un trasformatore a monte del diodo (come nel circuito di figura 1.2),   non vi sono ragioni teoriche che impediscano di raddrizzare direttamente la corrente di rete,  e anzi molti radioricevitori prodotti in passato erano privi di trasformatore d'alimentazione,  specialmente nei casi in cui la tensione fornita dalla compagnia elettrica fosse già in sè prossima alla tensione anodica necessaria.   Tuttavia,  l'interposizione di un trasformatore presenta innumerevoli vantaggi,  tra cui quello di fungere da separatore tra la rete ed il radioricevitore e quello (non certo trascurabile) di limitare spontaneamente la corrente erogata al circuito,  cosa che può salvare dalla distruzione una radio in caso di guasto o montaggio errato,  oltre che prevenire rischi di folgorazione per contatto accidentale con parti in tensione.

   La rapidità con cui il condensatore si scaricherà sul carico (peggiorando la tensione di ondulazione) dipenderà ovviamente da due fattori:   la capacità del condensatore impiegato come filtro ed il valore della resistenza di carico.   In figura 1.6 sono messe a confronto due opposte situazioni:   in a la tensione erogata da un alimentatore con elevata capacità di filtro (oppure connesso ad un carico di resistenza elevata, che quindi assorbe correnti limitate),  in b un alimentatore con bassa capacità di filtro (oppure connesso ad un carico di bassa resistenza, che assorbe molta corrente).

 

Figura 1.6 - Tensione in uscita quando la capacità è grande (a) oppure piccola (b).

    Come si osserva dai grafici,  i condensatori tendono a "bloccare" la tensione sul valore di picco della corrente pulsata.   Si deve pertanto tenere presente che,  poiché le tensioni alternate sono in genere espresse in termini di tensione efficace e non di tensione di picco,  la tensione continua presente ai capi del condensatore sarà generalmente superiore a quella alternata fornita dall'avvolgimento secondario di un fattore 1.4 (radice quadrata di 2).   Ad esempio,  nel caso di un avvolgimento secondario in grado di erogare 200 V c.a.,  la tensione presente ai capi del condensatore sarà di quasi 300 V c.c.!   Prima di realizzare qualsiasi circuito,  ci si deve assicurare che i condensatori impiegati siano in grado di sopportare le tensioni a cui saranno soggetti all'interno dell'alimentatore.   Torneremo su questo argomento anche nell'ultimo paragrafo della parte III.

 

I.2

ALIMENTATORE A SEMIONDA CON FILTRO A CAPACITA' - RESISTENZA TIPO Π E RADDRIZZATRICE A RISCALDAMENTO INDIRETTO

    Un circuito semplice come quello di figura 1.2 ha valore poco più che didattico,  in quanto gli svantaggi che esso presenta (elevata tensione di ondulazione, peraltro fortemente dipendente dal carico a valle) lo rendono scarsamente utilizzabile.   Un'evoluzione che permetta un suo uso pratico consiste nell'inserire un secondo condensatore di filtro a valle del primo,  separando i due "stadi" del filtro per mezzo di un resistore (figura 1.7).   Il secondo condensatore ha lo scopo di migliorare il grossolano filtraggio già eseguito dal primo,  riducendo in modo notevole la tensione di ondulazione residua.   Questo importante tipo di configurazione è nota in letteratura col nome di filtro a Π,  in quanto i condensatori e la resistenza formano graficamente un disegno simile appunto ad una pi greca.

    Come anticipato nell'introduzione,  i trasformatori del tipo qui raffigurato (cioè con doppio avvolgimento secondario: uno ad alta tensione ed uno a 6,3 Volt per l'alimentazione dei filamenti) sono tra i più facili a reperirsi come "ricambio di seconda mano",  in quanto equipaggiavano radio di produzione relativamente recente con valore collezionistico spesso scarso o nullo.   Il circuito nel suo complesso risulterà molto semplice in quanto la tensione a 6,3 Volt potrà essere usata indistintamente per alimentare in parallelo la valvola raddrizzatrice e tutte le altre valvole del radioricevitore.   Qualora non si riuscisse comunque ad entrare in possesso di un trasformatore adeguato,  è possibile "assemblarne" uno apposito a partire da due trasformatori moderni come suggerito da Luciano Loria in [10].

 

Figura 1.7 - Alimentatore a semionda con filtro a capacità-resistenza tipo Π e raddrizzatrice a riscaldamento indiretto.

   La versione valvolare del diodo di figura 1.2 è qui costituita da una raddrizzatrice,  in questo caso con catodo a riscaldamento indiretto.   Tra le più facili a trovarsi,  vale la pena menzionare la 6X4 (o la 6BX4, praticamente identica) tuttovetro con zoccolo miniatura,  la comunissima EZ80 tuttovetro con zoccolo Noval, e la 6X5-GT con zoccolo Octal in materiale termoplastico.   Il circuito di figura 1.7 è disegnato attorno ad una EZ80,  ma rimane identico anche per le altre valvole elencate,  salvo la numerazione dei piedini che deve essere desunta dai fogli tecnici di ciascun tipo di valvola (ciò sarà valido anche per tutti i circuiti che saranno presentati in seguito).

   In generale,  ogni valvola raddrizzatrice è costituita da due diodi contenuti in un unico involucro di vetro;   quelle sù menzionate,  in particolare,  presentano due anodi separati ed un unico catodo in comune.   Sebbene,  strettamente,  un solo diodo sarebbe sufficiente a realizzare il circuito in esame,  è bene approfittare dell'abbondanza di cui si dispone utilizzando entrambi gli anodi contemporaneamente,  in modo di suddividere tra di essi la corrente circolante nel tubo elettronico.   Non è inoltre il caso di insistere nel tentare di procurarsi delle raddrizzatrici monoplacca,  che pure esistono e certamente consentirebbero una realizzazione del circuito che soddisferebbe il più perfezionista degli estèti:   le raddrizzatrici monoplacca sono in quasi tutti i casi  meccanicamente identiche alle biplacca,  con l'unica differenza di avere i due anodi collegati tra loro in modo fisso all'interno del bulbo di vetro.

   Incidentalmente,  si noti anche come - essendo la corrente in uscita dal trasformatore di tipo alternato - essa non abbia un vero polo positivo ed uno negativo:   in pratica è il costruttore dell'alimentatore stesso a stabilire quale dei due capi dell'avvolgimento secondario diverrà la massa del circuito collegandolo al telaio,  e quale diverrà il polo positivo collegandolo agli anodi della raddrizzatrice.

Figura 1.8 - Realizzazione pratica dell'alimentatore di figura 1.7 su una basetta sperimentale, in questo caso utilizzata per l'accensione di una valvola di segnalazione numerica.   Si vedono benissimo la rettificatrice EZ80 in A ed il filtro Π a capacità-resistenza in B.

    Gli alimentatori di questo tipo non offrono una regolazione in tensione efficace,  ed anzi in sostanza la tensione in uscita dipende dal carico applicato (tabella 1.1);   per questa ragione ci si riferisce ad essi col termine di alimentatori non regolati in tensione.   Ciò accade perché la resistenza del filtro Π,  attraversata dalla corrente che và ad alimentare l'apparecchio,  genera una notevole caduta di potenziale ai propri capi,  e questa caduta di potenziale - in base alla legge di Ohm - dipende proprio dalla corrente assorbita dal carico a valle.   Ciò,  comunque,  costituisce raramente un problema nell'alimentazione dei radioricevitori perché in molti casi la tensione anodica che alimenta un apparato valvolare può essere compresa in un intervallo di valori molto ampio (in alcuni casi addirittura tra 100 e 250 Volt) senza che il funzionamento dell'apparato stesso ne risulti irrimediabilmente compromesso.   Inoltre,  poiché l'assorbimento totale dei radioricevitori coincide quasi con quello del solo stadio di amplificazione finale,  e poiché quasi sempre questo stadio finale è in classe A,  il carico assorbe una corrente che in prima approssimazione può essere considerata pressoché costante.   In altre parole:   la presenza del carico fa calare la tensione nominale in uscita dall'alimentatore,  ma (a regime) non la fa oscillare nel tempo.

RETTIFICATRICE CARICO TENSIONE AL CARICO TENSIONE DI ONDULAZIONE

6X4

a vuoto (1 MΩ) 325 V c.c. 2 mV
500 KΩ 325 V c.c. 10 mV
50 KΩ 290 V c.c. 50 mV
25 KΩ 260 V c.c. 100 mV
10 KΩ 215 V c.c. 130 mV
5 KΩ 150 V c.c. 200 mV
EZ80 a vuoto (1 MΩ) 330 V c.c. 2 mV
500 KΩ 330 V c.c. 10 mV
50 KΩ 290 V c.c. 40 mV
25 KΩ 265 V c.c. 95 mV
10 KΩ 220 V c.c. 120 mV
5 KΩ 150 V c.c. 200 mV

Tabella 1.1 - Valori al banco di prova per l'alimentatore di figura 1.7.

   I valori tabulati sono stati ottenuti sperimentalmente emulando la presenza del carico con alcune resistenze campione.   Per dare qualche valore di riferimento,  un radioricevitore "medio" assorbe tra i 20 ed i 60 mA,  ed offre all'alimentatore un'impedenza di carico dell'ordine dei 10 KOhm.   Se strettamente necessario,  il dato relativo alla caduta di tensione dovuta al carico può essere leggermente migliorato riducendo il valore della resistenza nel filtro Π.   Non è però consigliabile scendere al di sotto di 500 Ohm,  valore oltre al quale la separazione tra i due stadi di livellamento diverrebbe tenue e potrebbe presentarsi alla rettificatrice un carico capacitivo troppo elevato dovuto al quasi-parallelo dei due condensatori di filtro (il discorso sarà approfondito nel capitolo seguente).

    Questo alimentatore è tra tutti il più semplice ed economico,  e come visto ha prestazioni proporzionate al suo prezzo;   tuttavia esso è sicuramente in grado di alimentare in modo soddisfacente i piccoli apparecchi sperimentali autocostruiti e,  se non si pretende troppo,  anche qualche piccola supereterodina a poche valvole.

  

I.3

PROBLEMI DERIVANTI DALL'USO DI CONDENSATORI DI CAPACITA' ECCESSIVA

   E' possibile dimostrare che la tensione di ondulazione è inversamente proporzionale alla capacità dei condensatori di filtro.   Ciò può indurre a pensare che l'utilizzo di condensatori di enorme capacità non possa che giovare alle prestazioni dell'alimentatore,  e che condensatori di questo tipo non venissero impiegati nelle radio d'epoca solo per ragioni di economia,  di ingombro o di difficoltà costruttive.

   Ciò è in parte vero,  ma è necessario a questo punto riprendere la figura 1.6 per qualche ulteriore riflessione.   Per tutto il tratto BC,  come detto,  la corrente è erogata dal condensatore a spese della tensione ai suoi capi.   Per la continuità del circuito,  tutta la corrente erogata nel tratto BC deve essere necessariamente fluita precedentemente nel diodo nel periodo in cui esso caricava il condensatore,  ovvero nel tratto AB.   Se si raffrontano le due immagini,  si vede come all'aumentare della capacità di filtro (caso a) il tratto AB in cui il diodo è in conduzione diventi più breve.

   Al limite,  se si supponesse di disporre di un condensatore di capacità infinita,  il tratto AB diverrebbe infinitamente breve,  e poiché tutta la corrente che alimenta il circuito dovrebbe fluire attraverso il diodo in un tempo praticamente nullo,  ne deriva che la corrente che attraverserebbe il diodo in questo brevissimo istante di tempo dovrebbe tendere ad infinito.

   Questa possibilità,  estremamente pericolosa nel caso di raddrizzatori a semiconduttori poiché porterebbe alla distruzione del dispositivo stesso,  è più remota nel caso dei tubi elettronici grazie all'elevata resistenza interna tra catodo e placca,  che si oppone spontaneamente al passaggio di una corrente eccessiva.   Ciò nonostante,  è chiaro che è bene non abusare di questa tolleranza agli errori di progettazione,  anche perchè una eccessiva impulsività della corrente fluente attraverso il diodo genererebbe comunque irradiazione e disturbi audio.   In generale,  sebbene il dato sia non sempre di facile interpretazione,  sui fogli tecnici che accompagnano le valvole è indicato il massimo valore di capacità pura tollerabile in uscita.

  

I.4

ALIMENTATORE A SEMIONDA CON FILTRO A CAPACITA' - INDUTTANZA E RADDRIZZATRICE A RISCALDAMENTO INDIRETTO

   Il semplice filtro a Π capacità-resistenza può essere notevolmente migliorato sostituendo la resistenza con una bobina di adeguata induttanza.   Le induttanze,  come è noto,  si oppongono alle variazioni di corrente al loro interno e possono quindi contribuire attivamente all'azione di filtraggio.   Con l'impiego di un'induttanza è possibile,  a parità di prestazioni,  ridurre la capacità dei condensatori impiegati nel filtro di spianamento.   Inoltre,  se la bobina utilizzata presenta una bassa impedenza,  il suo impiego migliorerà anche la stabilità della tensione in uscita rispetto a variazioni del carico.   Un filtro d'uscita di questo tipo rappresenta lo standard quasi assoluto nell'alimentazione dei ricevitori,  essendo contemporaneamente semplice e molto efficace.

Figura 1.9 - Il circuito precedente modificato: una bobina prende il posto della resistenza nel filtro di spianamento. Il valore delle capacità di filtro può essere ridotto.

   Ma quale bobina utilizzare?   I radioricevitori antecedenti agli anni '50 montavano generalmente altoparlanti di tipo elettrodinamico,  in cui cioè non vi era un magnete fisso ma un elettromagnete che doveva essere percorso da un'adeguata corrente affinché irradiasse il campo magnetico necessario al funzionamento del trasduttore.   La bobina di eccitazione di questi altoparlanti era collegata proprio come l'induttanza di filtro in figura 1.9,  ed offriva un'induttanza compresa tra i 10 ed i 40 Henry a seconda del modello.   Si ottenevano così due risultati:   la corrente che fluiva verso il circuito radio eccitava l'elettromagnete permettendo il funzionamento dell'altoparlante,  e contemporaneamente la bobina dell'elettromagnete contribuiva a filtrare la corrente di alimentazione.

   Se per realizzare un progetto si è riusciti a procurarsi un altoparlante elettrodinamico,  questo è il miglior modo per utilizzare (e contemporaneamente alimentare) la sua bobina di campo.   Non servono molte precauzioni per una sua corretta inserzione nell'alimentatore:   in fondo è stata progettata esplicitamente per questo scopo;   sinceratevi solo che la sua resistenza alla corrente continua,  misurata col multimetro,  sia attorno agli usuali 1000-4000 Ohm.   Se ci si trovasse molto al di sotto di questo intervallo,  potrebbe esservi un corto circuito all'interno della bobina.   E' inoltre importante verificare che,  trascorsa almeno un'ora di funzionamento del ricevitore,  la bobina non si sia surriscaldata a causa del passaggio eccessivo di corrente:   al tatto deve essere appena tiepida,  neppure calda.

Nel caso in cui la bobina fosse inserita nel circuito originale da cui proviene in modo inusuale (ad esempio, in alcuni ricevitori privi di trasformatore, essa era collegata tra la tensione anodica e la massa) i valori di impedenza sopra indicati possono essere superati di molto,  anche più che raddoppiati.   Nulla impedisce di utilizzare comunque la bobina di campo nel filtro di livellamento, ma valgono di nuovo le considerazioni discusse al termine del paragrafo I.2 ed è importante verificare che la caduta di tensione ai capi della bobina non sia talmente elevata da non garantire una tensione sufficiente al corretto funzionamento dell'apparato radio.

Figura 1.10 - Realizzazione del circuito di figura 1.9 per alimentare il progetto "radio a circuiti accordati" di Luciano Loria. Si vedono lo zoccolo della raddrizzatrice 6X5 ed i due condensatori di livellamento; in A ed in B i terminali del cavo color oro che li collega alla bobina di campo dell'altoparlante; in C il dipartirsi della linea anodica che alimenta il circuito.

   Se si dispone solo di un altoparlante a magnete permanente,  è comunque possibile realizzare un ottimo filtro di tipo capacitivo-induttivo acquistando una bobina con nucleo ferromagnetico tra quelle disponibili in commercio.   In generale,  l'impedenza di queste bobine è molto più bassa di quella dell'elettromagnete di un altoparlante:   una bobina da 20 H offre una resistenza di circa 200 Ohm,  che può calare fino a 20 Ohm nei modelli di migliore qualità.   Non è detto che ciò sia un difetto,  anzi in generale è un pregio,  ma se la tensione in uscita dal filtro divenisse a questo punto eccessiva per il circuito che deve essere alimentato,  si potrebbe rendere necessario montare in serie all'induttanza un resistore da 2000-3000 Ohm 5 Watt,  o meglio ancora costruire un filtro multi-cella del tipo descritto nel capitolo che segue,  oppure ricorrere ad uno degli espedienti descritti nella parte III.

RETTIFICATRICE CARICO TENSIONE AL CARICO TENSIONE DI ONDULAZIONE

6X5-GT

a vuoto (1 MΩ) 330 V c.c. 2 mV
500 KΩ 330 V c.c. 4 mV
50 KΩ 290 V c.c. 50 mV
25 KΩ 265 V c.c. 100 mV
10 KΩ 225 V c.c. 140 mV
5 KΩ 160 V c.c. 250 mV

Tabella 1.2 - Valori al banco di prova per l'alimentatore di figura 1.9.

 

I.5

FILTRI A PIU' CELLE

   L'azione di filtraggio di una cella Π può essere ulteriormente perfezionata ponendo più celle in cascata,  come nello schema di figura 1.11.   Le celle possono avere tutte costruzione identica,  oppure presentare un effetto filtrante (capacitivo) via via crescente.

Figura 1.11 - Filtro a doppia cella.

   I filtri a più celle a capacità-induttanza rappresentano una finezza che in passato fu utilizzata solo su ricevitori di altissima gamma.   Probabilmente,  nell'ambito dell'autocostruzione,  sono in grado di fornire prestazioni persino troppo raffinate,  poiché i benefici che da essi si traggono sono sovente mascherati da altri difetti della realizzazione (disturbi radio, scarsa schermatura, componenti mediocri, progettazione approssimativa, eccetera).

   Può essere invece utile far seguire ad una prima cella a capacità-induttanza una seconda cella a capacità-resistenza,  e sfruttare la caduta di tensione da essa provocata per generare due differenti valori di tensione.   Nelle radio d'epoca si vedono esempi di filtri a doppia (o multipla) cella di questo tipo in molti ricevitori,  specialmente in quelli in cui lo stadio finale di potenza è progettato per assorbire molta corrente.   Si può ad esempio (figura 1.12) prelevare la tensione per alimentare lo stadio finale all'uscita della prima cella di filtro,  e prelevare poi una tensione inferiore ma meglio rettificata all'uscita della seconda cella per alimentare gli stadi a radiofrequenza o di preamplificazione,  che in generale necessitano di minor potenza ma traggono grande giovamento da correnti continue accuratamente livellate.

Figura 1.12 - Filtro capacitivo-induttivo-resistivo a doppia cella e doppia tensione in uscita.

 

I.6

ALIMENTATORE A SEMIONDA CON FILTRO A CAPACITA'-INDUTTANZA E RADDRIZZATRICE A RISCALDAMENTO DIRETTO

   Nelle valvole raddrizzatrici di tipo a riscaldamento diretto il filamento svolge contemporaneamente i ruoli di catodo e di elemento riscaldatore.   L'uso di questi tubi,  un tempo persino più frequente del tipo a riscaldamento indiretto,  può essere oggi difficoltoso poiché l'alimentazione del filamento richiede l'impiego di un trasformatore apposito dotato di un ulteriore avvolgimento secondario a bassa tensione.

   In generale,  il filamento di queste raddrizzatrici richiede la tensione di 5 Volt come nel caso della utilizzatissima 80 (5Y3),  ma non mancano casi "anomali" come la AZ12 funzionante a 4 Volt o valvole miste come la 5V4 a riscaldamento indiretto ma con filamento connesso al catodo ed alimentato a 5 Volt.   E' comunque necessario un secondo avvolgimento a bassa tensione (tipicamente 6,3 V) per alimentare tutti i restanti filamenti del ricevitore in costruzione.

   La potenza erogata da una raddrizzatrice a riscaldamento diretto è in generale intrinsecamente superiore (150-200%) rispetto al tipo a riscaldamento indiretto,  ed è adatta per l'alimentazione di apparati radioriceventi medio/grandi.   L'assorbimento di corrente da parte del filamento,  di pari passo,  è notevole (dell'ordine dei 2 Ampere, spesso equiparabile all'assorbimento dei filamenti di tutte le altre valvole del circuito messe assieme) e richiede pertanto l'utilizzo di trasformatori "ad hoc",  in grado di erogare correnti generose.   Ci si scordi ad esempio di poter utilizzare,  per i filamenti,  trasformatori per campanelli o oggetti simili:  la loro potenza è risibile rispetto a quella richiesta.

 

Figura 1.13 - Alimentatore a semionda con filtro a capacità-induttanza tipo Π e raddrizzatrice a riscaldamento diretto.

   Come si vede,  la mancanza di un circuito di filamento separato comporta la tipica connessione in serie di due degli avvolgimenti secondari del trasformatore di alimentazione (la tensione di filamento risulterà sommata o sottratta all'alta tensione anodica, con effetti peraltro trascurabili).   Per il resto,  dal punto di vista concettuale il circuito è perfettamente analogo a quelli visti in precedenza.

INDUTTANZA CARICO TENSIONE AL CARICO TENSIONE DI ONDULAZIONE

2,5 H
110 Ω

(BOB. DI FILTRO)

a vuoto (1 MΩ) 340 V c.c. 40 mV
500 KΩ 330 V c.c. 100 mV
50 KΩ 300 V c.c. 800 mV
25 KΩ 285 V c.c. 1,6 V
10 KΩ 260 V c.c. 3 V
5 KΩ 210 V c.c. 6 V
25 H
3000 Ω
(ECCITAZ. DINAMICO)
a vuoto (1 MΩ) 335 V c.c. 2 mV
500 KΩ 330 V c.c. 4 mV
50 KΩ 285 V c.c. 50 mV
25 KΩ 250 V c.c. 80 mV
10 KΩ 210 V c.c. 120 mV
5 KΩ 140 V c.c. 200 mV

Tabella 1.3 - Valori al banco di prova per l'alimentatore di figura 1.13. Le misure sono state effettuate con due differenti bobine di spianamento.

 

BIBLIOGRAFIA:

[1] Mureddu L.: Radio Antiche. Tecnica, riparazione, restauro. Mosè edizioni, Maser, 2005.
[2] Mureddu L.: L'alimentatore. Il web (leradiodisophie.it).

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[4] Montù E.: Radiotecnica. Volume III. Pratica di radiotrasmissione e ricezione. Ulrico Hoepli, Milano, 1944.
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Il web (leradiodisophie.it).
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Kronjäger J.: Basic multiplier circuits. Il web (kronjaeger.com).
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[10] Loria L.: Alimentatore variabile per circuiti a valvole. Il web (leradiodisophie.it).
[11] Gallino R.: Fisica II. Parte prima: elettrostatica - corrente elettrica. Bellocchio & Delton, Torino.
[12] Vinassa de Regny E., Vinassa de Regny M.: I segreti della radio. Mondadori, Milano, 1976.

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