La tecnica - Le Radio di Sophie - Technics
Questo articolo, scritto originariamente per Le Radio Di
Sophie,
è stato pubblicato in parte sulla rivista Costruire HiFi (numero 105,
Blu Press s.r.l., dicembre 2007).
E' qui presentato in virtù di un accordo
scritto tra autore ed editore. Tutti i diritti sono riservati.
Ne
è vietata la riproduzione, anche parziale, senza citare la
fonte. Per l'inserimento come voce bibliografica:
Gilardetti
M.: Costruzione di alimentatori a valvole termoioniche per radioricevitori. Il
web (leradiodisophie.it), Aprile 2011.
ALL'INGEGNERE FULVIO LO
MARTIRE
valente elettrotecnico, uomo di scienza, pioniere
dell'alta fedeltà
questo modesto scritto è dall'autore rispettosamente
dedicato.
PARTE VI: |
ALIMENTATORI STEREOFONICI E AD ALTA FEDELTA' |
VI.1 |
IL PASSAGGIO AD UN SUONO DI ELEVATA QUALITA' |
Nel secondo dopoguerra la tecnica elettronica aveva ormai raggiunto la maturità necessaria per imprimere ai consueti apparecchi, che s'erano fin lì limitati ad emettere voci e suoni in modo gradevole, una spinta evolutiva verso dispositivi di classe superiore il cui fine fosse ricreare in modo massimamente realistico l'impatto sensoriale ed emotivo degli eventi sonori del mondo reale.
Prevalentemente, gli studi scientifici e le pubblicazioni che fecero da pietre miliari di questa strada conducente all'alta qualità sonora furono d'origine britannica e statunitense. Americani e inglesi proposero anche per primi, ed assai precocemente, la configurazione a componenti separati ed altamente specializzati (giradischi - sintonizzatore - amplificatore - cassa acustica) che in fondo, e senza neppure troppe mutazioni, è la catena di apparecchi Hi-Fi che ancor oggi conosciamo e troviamo usualmente in commercio. I produttori europei ed in particolar modo tedeschi, viceversa, divennero maestri nell'introdurre nei radioricevitori e radiofonografi di forma tradizionale innovazioni raffinate (altoparlanti multipli con diverse orientazioni, comandi doppi e tripli di sintonia, antenne in ferrite rotanti, eccetera) raggiungendo risultati, non solo sonori ma anche estetici, davvero ammirevoli. Tuttavia il grande radiofonografo con mobile in legno era destinato a perdere il favore del pubblico nel tempo di un decennio, e si può pensare che proprio in questa fase le grandi industrie europee iniziassero a perdere il passo rispetto ai produttori d'oltreoceano (dapprima anglofoni, nipponici in seguito) avvitandosi in una crisi del comparto elettronico via via più grave, che trascinò nel baratro quasi tutti i gloriosi marchi del passato. Una crisi che, in ultima analisi, ad oggi non può dirsi affatto conclusa.
Per quanto attualmente l'alta fedeltà si associ di norma alla stereofonia, i primi apparecchi che poterono fregiarsi dell'acronimo Hi-Fi (Williamson, 1946) furono di tipo rigorosamente monoaurale: la stereofonia fu introdotta solo in anni successivi, soprattutto in seguito alla commercializzazione dei nastri magnetici stereofonici (Record Corporation of America, 1954) dei dischi microsolco stereofonici (Audio Fidelity, 1958) ed alla trasmissione di radioaudizioni circolari in modulazione di frequenza stereo (General Electric e Zenith, 1961). Si tenga presente tuttavia che per quanto la stereofonia abbia alla lunga trionfato, al punto d'essere oggi presente in tutte le case, i primi apparecchi monoaurali erano a loro volta estremamente ben suonanti, tanto che in tempi recentissimi alcuni autorevoli autori [28] hanno messo in dubbio (forse un po' provocatoriamente) il fatto che la stereofonia debba considerarsi davvero un passo avanti nella qualità audio.
Nei progetti di apparecchi ad alta fedeltà odierni, come detto sempre stereofonici salvo rarissime eccezioni, spesso si riporta un unico schema relativo ad un singolo canale: questo curioso paradosso vuol sottintendere che per un uso nell'ambito della stereofonia si debba costruire una coppia di (ad esempio) amplificatori identici, da usare affiancati nella configurazione cosiddetta dual mono. Vedremo a breve, con la consueta rassegna di apparecchi tutti italiani, che ciò non costituiva affatto la norma nei tempi passati, e che anzi la progettazione accorta di un alimentatore consente di mantenere uniti alcuni blocchi funzionali con risparmio di spesa e di ingombro e senza pregiudicare, ragionevolmente, le prestazioni sonore dell'apparecchio costruito.
VI.2 |
UNDA 84/3 STEREO |
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Se si vogliono evitare cocenti delusioni, si tenga sempre presente che nel settore dei radiofonografi d'epoca a valvole l'aggettivo qualificativo "stereo" è da prendersi con le molle. Esso è oggi talmente scontato che spesso non lo si scrive più nemmeno sui frontali di apparecchi scadenti, ma fu in quei primi anni una fenomenale leva commerciale ed alcuni marchi non rifulgenti d'onestà puntarono a giocare sull'equivoco: introdussero sistemi di equalizzazione audio, configurazioni di altoparlanti multipli all'interno del mobile, o ancora altoparlanti esterni supplementari a cui assegnavano nomi di fantasia ("ad effetto stereo" e simili) in grado di evocare la tecnica stereofonica senza che il circuito del riproduttore avesse, di stereofonico, alcunché.
All'atto pratico, comunque, anche nei radiofonografi a valvole di marche rinomate le uniche sezioni veramente stereofoniche erano di solito il fonorivelatore del giradischi e l'amplificatore in bassa frequenza, mentre il radioricevitore rimaneva monoaurale e di tipo ordinario. Ciò è sempre vero per i produttori italiani - in questa fase ormai incapaci di innovare e rattrappiti attorno alle stucchevoli classi ANIE - e a grandi linee è vero anche per la produzione estera. Difatti solo alcuni colossi industriali tedeschi (come Telefunken) furono in grado di fabbricare in serie apparecchi con decodificatore FM-stereo integralmente a valvole; ricevitori davvero ammirevoli per complessità e raffinatezza tecnica. Si trattava però già di sintonizzatori o sintoamplificatori con altoparlanti esterni, non di radiofonografi. In seguito, e forse un po' anacronisticamente, l'industria tedesca produsse ancora qualche ultimo radiofonografo di forma "classica" (mobile parallelepipedo con scala parlante in vetro, altoparlanti incorporati e pulsantiera a denti di cavallo) realmente a due canali, ma in cui però il decodificatore FM-stereo è già completamente a transistori. Questi interessanti apparecchi ibridi, come anticipato del tutto inediti in Italia, furono il canto del cigno della gloriosa radio a valvole.
Tornando coi piedi per terra, la Unda 84/3 Stereo
rappresenta il tipico radiofonografo stereo italiano della seconda metà degli
anni '50. Lo schema è riportato nella sua interezza non solo perché
il circuito di alimentazione è "spalmato" lungo tutto il grafico, ma anche
per meglio mostrare come il sintonizzatore sia per l'appunto del consueto tipo
AM-FM a cinque valvole (ECC85 - ECH81 - EF89 - EABC80 - EL84), ovviamente
monoaurale. L'ascolto stereofonico dei dischi è reso possibile
grazie all'aggiunta del triodo-pentodo ECL82. In pratica, in
posizione fono la sezione triodo della EABC80 e il pentodo finale EL84
costituiscono l'amplificatore a bassa frequenza del canale sinistro,
mentre le sezioni triodo e pentodo della ECL82 costituiscono l'amplificazione a
bassa frequenza del canale destro. Il radiofonografo nel suo
complesso è una delle due casse acustiche; l'altro diffusore
(marcato sullo schema come "altoparlante sussidiario") è in sostanza una
cassetta esterna di dimensioni ridotte, da sistemare alla buona su qualche
mobile del salone grazie al suo lungo filo di prolunga e ad uno spinotto
tipo noval per la connessione al telaio. Le evidenti asimmetrie
nello stadio di amplificazione BF, negli altoparlanti impiegati e nel loro
caricamento acustico fanno ben intendere come queste apparecchiature siano
lontane dall'alta fedeltà, e forse a ben vedere anche dalla stereofonia in
senso stretto. Furono non di meno fonte di grandi gioie per le non
molte famiglie italiane che poterono permettersele.
Figura 6.1 - Schema generale del radiofonografo Unda 84/3 Stereo (fare clic per ingrandire).
Considerata la qualità dell'84/3 Stereo (discreta, ma non certo al vertice) non ci si attende nulla di particolare dalla sezione alimentatrice, che difatti pur essendo abbastanza curata è di tipo convenzionale, unica per entrambi i canali destro e sinistro senza alcun disaccoppiamento. Il raddrizzamento è a doppia semionda, con valvola rettificatrice EZ80 e presa centrale a massa sul secondario del trasformatore. Sostanzialmente sono presenti tre celle di livellamento, disegnate in modo davvero ostico sullo schema, che tuttavia cercheremo di porre in evidenza tramite il consueto sistema dei colori. La prima cella di filtro (in rosso) è puramente capacitiva ed è costituita dal grosso condensatore elettrolitico (50 µF) in basso a sinistra rispetto alla rettificatrice EZ80. Dal suo capo positivo si diparte la linea anodica d'alta tensione che raggiunge le due placche dei pentodi di potenza tramite gli avvolgimenti primari dei trasformatori d'uscita. Nel lato basso di quest'ultimi si riconosce l'avvolgimento di cancellazione del ronzio (si veda il capitolo V.4) da cui parte la seconda cella di livellamento (in giallo) costituita dai resistori da 1 KΩ, collocati subito nei pressi, e dal condensatore di livellamento da 32 µF posto a sinistra della valvola rettificatrice. Questa tensione doppiamente livellata è inviata direttamente alla placca dell'amplificatrice a frequenza intermedia (EF89) tramite una resistenza di caduta da 2,2 KΩ. A monte di detta resistenza si osserva (in verde) un'ulteriore presa di tensione che, tramite una resistenza da 1 KΩ, porta ad un ultimo condensatore di livellamento da 8 µF: la resistenza ed il condensatore formano la terza cella di livellamento. Dal polo positivo della capacità elettrolitica deriva un'ulteriore linea anodica che si porta verso destra ad alimentare le placche delle sezioni triodo di preamplificazione a bassa frequenza.
L'alimentazione dei filamenti (evidenziata in blu) è molto convenzionale: sono tutti alimentati in parallelo, assieme alla lampadina spia, tramite un apposito avvolgimento secondario; fa eccezione il filamento dell'occhio magico DM70 che, necessitando di una tensione differente ed avendo un assorbimento assai modesto, si giova di una piccola sezione ben calcolata dell'avvolgimento secondario ad alta tensione.
VI.3 |
GELOSO G.244-HF |
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La Geloso, nel suo periodo di maggior splendore, fu
anche tra le primissime aziende italiane a lanciarsi verso il neonato comparto
dell'alta fedeltà. Lo fece nel 1955 introducendo una serie (la
serie HF) di apparecchi monoaurali sostanzialmente derivati dalla sua linea di
prodotti public address, i quali non si discostavano molto dalla
tradizionale impostazione aziendale. Apparecchi di qualità
buona, mai però eccezionale, semplici ed affidabili come gran parte
della sua produzione di amplificatori. La prima serie di
amplificatori stereofonici fu presentata nell'inverno del 1958; tra
essi vi era l'amplificatore di potenza ad alta fedeltà G.244-HF che ha uno
schema particolarmente compatto e leggibile in quanto gli stadi d'uscita sono
dei semplici classe A a pentodo (EL84), con un unico doppio triodo ECC83
in preamplificazione. Sullo schema sono riportati sia il canale
sinistro (in alto) che il canale destro (in basso); l'alimentatore è
collocato al centro del diagramma.
Figura 6.2 - Schema generale dell'amplificatore stereofonico ad alta fedeltà Geloso G.244-HF.
Sul lato destro dello schema sono evidenziati in azzurro due condensatori di soppressione dei disturbi; nonostante siano disegnati assai distanti tra loro, è facile rendersi conto che sono collegati ad Y (capitolo V.2). Il circuito dei filamenti (in blu) non prevede nulla più d'una semplice connessione in parallelo dei medesimi: se ne può dedurre che quasi certamente la silenziosità non era il punto di forza del G.244-HF.
L'alta tensione anodica (in rosso) gode invece d'un trattamento più accurato. Il raddrizzamento, a doppia semionda, è effettuato mediante il ponte di Graetz al selenio B250 C100, e ne approfittiamo per rammentare che questa sigla significa che il dispositivo a stato solido è adatto per lavorare con tensione di 250 V e corrente di 100 mA. Come buona norma negli amplificatori ad alta fedeltà, il livellamento della tensione anodica (anche per lo stadio finale) è ottenuto tramite una cella Π completa a capacità-induttanza costruita senza badare a spese (induttanza modello 321/15 e coppia di condensatori elettrolitici da 32 µF). Anche in questo caso l'alimentatore è in comune ai due canali, che non sono disaccoppiati: si osservi difatti come dall'uscita del filtro la tensione anodica raggiunga dapprima un bivio e da qui direttamente gli avvolgimenti primari dei trasformatori d'uscita. Gli stadi pilota si giovano di una seconda cella Π a resistenza-capacità evidenziata in giallo e costituita dalla resistenza da 4,7 KΩ e dal condensatore elettrolitico da 50 µF; la tensione è inviata alle placche del doppio triodo ECC83 tramite due resistenze di caduta - una per canale - da 220 Ω.
Osserviamo infine che nella zona centrale vi è un secondo ponte di Graetz di minore potenza e di polarità invertita (lo si deduce dall'orientamento dei diodi, dalla polarità dei condensatori elettrolitici e dall'inserzione della bobina di spianamento), che non ha impiego nei limiti del circuito qui riportato. La sua funzione è provvedere all'alimentazione in corrente continua dei filamenti d'un apparecchio preamplificatore (il modello G.243-HF) appositamente predisposto per trarre energia dai connettori octal riportati a sinistra del disegno. Usualmente un circuito dei filamenti negativo rispetto ai catodi (capitolo IV.1) suscita allarme, ma nei casi in cui l'alimentazione è in corrente continua l'effetto Edison, pur presente, non può introdurre rumore da corrente alternata. D'altro verso non vi sono apparenti ragioni tecniche che giustifichino l'impiego d'un alimentatore invertito: presumibilmente questa sezione del circuito s'ispira a quella del modello superiore G.236-HF, nel quale la tensione negativa continua è proficuamente impiegata anche per la polarizzazione fissa di griglia.
VI.4 |
ALIMENTATORI STEREOFONICI |
Abbiamo così visto che l'impiego di un unico alimentatore indistinto per il pilotaggio di entrambi i canali destro e sinistro è possibile, anzi era la prassi soprattutto nei primi radiofonografi stereofonici comparsi sul mercato. Osservando ora con attenzione i due schemi precedenti (in particolare quello in figura 6.2, più lineare) non sarà difficile persuadersi che questo tipo di soluzione equivale in pratica a connettere in parallelo gli avvolgimenti primari dei trasformatori d'uscita e le placche delle valvole finali. E' immediatamente intuibile che questo collegamento in parallelo comporta una reciproca influenza (magari lieve, ma garantita) tra i segnali del canale destro e sinistro. Supponiamo difatti che in un dato istante la valvola del canale destro stia amplificando un picco di segnale e che sia quindi attraversata da una forte corrente; poiché l'erogazione di corrente di un alimentatore non può essere illimitata ciò significa per sommi capi che ci sarà minore energia a disposizione per la valvola deputata all'amplificazione del canale sinistro. Senza scendere in dettagli, possiamo riassumere la situazione come segue: se l'alimentatore è unico, il segnale presente su un canale è in grado di influenzare (anche se in modo limitato) il trattamento del segnale che avviene in quell'istante sull'altro canale. A farne le spese usualmente è il parametro noto come diafonia, ossia la capacità di un amplificatore di separare i canali e ricreare quindi un'immagine stereofonica convincente.
Problemi di scadimento delle prestazioni relative alla diafonia sono sempre presenti negli amplificatori con sezione alimentatrice unica e possono essere risolti solo in parte. Và sottolineato comunque che le conseguenze non sono gravissime, e lo testimonia il fatto che, come abbiamo visto, questi modesti scadimenti qualitativi erano tranquillamente tollerati negli apparecchi degli anni '50 e '60. Anche con criteri odierni, l'alimentazione in parallelo proposta in figura 6.2 merita sicuramente, almeno in prima battuta, di essere messa alla prova: la si ritrova spesso - senza alcuna modifica - in schemi di blasonati marchi esteri, ed è quindi considerata da molti validi progettisti una configurazione in grado di soddisfare pienamente le esigenze.
Una soluzione radicale al problema, come già accennato
nell'introduzione, consiste nel costruire due alimentatori completamente
separati (uno per canale: "dual mono"). Esiste però una
strada alternativa che consente di perfezionare le prestazioni della sezione
alimentatrice senza aumentarne i costi, l'ingombro e la complessità in
modo eccessivo. L'intervento da attuare consiste nel disaccoppiare
meglio i due canali nel punto di derivazione in cui essi sono collegati
all'alimentatore. Sappiamo già che una cella di tipo
resistenza-capacità costituisce di fatto un separatore interstadio, e
proprio questa sua caratteristica è sfruttata nello schema di figura
6.3. In esso, dopo la prima cella Π, sono inserite in
derivazione due ulteriori celle Π: una per ciascuno dei canali (1 e
2). Con questo sdoppiamento del filtro si è sostanzialmente già
raggiunto il "non plus ultra" dal punto di vista del rapporto
qualità/prezzo: l'inserzione di ulteriori celle di filtro - per
quanto auspicabile da un punto di vista teorico - non comporterebbe
miglioramenti sensibili nella separazione fra i canali ed andrebbe a vanificare
il risparmio di ingombro, peso e costo che la soluzione dell'alimentazione
stereofonica unica si propone di perseguire.
Figura 6.3 - Alimentatore stereofonico e separazione dei canali: schema di principio (da [15]).
Con modesti valori di resistenza (100 Ω) si ottiene già un disaccoppiamento più che soddisfacente. Il circuito può essere ulteriormente perfezionato impiegando al posto delle resistenze due bobine di spianamento, come vedremo nell'ultimo capitolo. In ogni caso, pur tenuto conto che l'alimentatore dovrà essere surdimensionato almeno di un fattore due (dovrà cioè essere in grado di erogare una corrente doppia) per poter far fronte alle esigenze di un amplificatore stereofonico, il risparmio sia economico che di ingombro rispetto alla costruzione di due alimentatori separati risulterà evidente. Si tenga infatti presente che l'alimentatore raffigurato è in pratica paragonabile a una coppia di alimentatori con filtro Π a doppia cella. Una soluzione quindi di qualità elevatissima, che andrebbe raffrontata con una soluzione a due telai analoga.
VI.5 |
HIRTEL PS/1 |
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Vediamo subito un esempio commerciale di alimentatore stereofonico
analizzando il preamplificatore PS/1 della torinese Hirtel. La
tecnica descritta può infatti essere impiegata con successo tanto negli stadi
finali quanto negli stadi di preamplificazione. Abbiamo già avuto
modo di sottolineare come questa azienda italiana si distinguesse per l'adozione
di circuiti particolarmente raffinati, e questo suo preamplificatore
stereofonico a pentodi EF86 e triodi ECC83 non fa eccezione.
Figura 6.4 - Schema generale del preamplificatore stereofonico Hirtel PS/1.
Il raddrizzamento della tensione di placca (in giallo) è a doppia semionda, ottenuto con un ponte di Graetz di rettificatori al selenio (B250 C100). Segue una cella di livellamento Π a resistenza-capacità, costituita da una coppia di capacità elettrolitiche da 50 µF e de un resistore da 47 KΩ. Il valore piuttosto elevato di quest'ultimo non deve stupire in quanto negli apparecchi di preamplificazione l'assorbimento di potenza è modesto e la tensione di placca poco elevata. Quindi il resistore svolge la funzione di prima resistenza di caduta e contemporaneamente garantisce un livellamento eccellente in quanto la tensione di ondulazione si troverà in massima parte ai suoi capi e quasi per nulla sulla bassissima reattanza della capacità elettrolitica, che alla frequenza di rete vale 64 Ω. Immediatamente dopo la linea anodica si sdoppia e attraversa due resistori da 6,8 KΩ, i quali compongono due seconde celle Π (una per canale) in unione ai condensatori da 40 µF disegnati assai lontano negli angoli in alto a sinistra dello schema. La disposizione grafica non è casuale: i testi classici raccomandano sempre di collocare le capacità di filtro nel punto più vicino possibile alla valvola che ne farà uso, idealmente saldandole al suo stesso zoccolo. In questo caso tutte le valvole, ciascuna con l'opportuna resistenza di caduta, impiegano la medesima tensione livellata dalla doppia cella di filtro, ma la valvola che opera in condizioni più delicate di lavoro è la sensibilissima valvola d'ingresso, nei pressi della quale è stata appropriatamente collocata l'ultima capacità di livellamento.
Anche i filamenti (in blu) godono di una soluzione prestigiosa: sono tutti accesi in corrente continua grazie ad un alimentatore passivo a stato solido (capitolo IV.3) e cella di filtro Π a resistenza-capacità. Come spiegato nella parte IV, la resistenza da 12 Ω non si limita a disaccoppiare i due stadi capacitivi della cella di filtro ma contemporaneamente riduce la tensione al livello richiesto dai filamenti. Finezza nella finezza, all'immediata destra dell'avvolgimento secondario fa bella mostra di sé anche un classico potenziometro antironzio.
VI.6 |
ALIMENTATORI DI ELEVATA QUALITA' |
E' purtroppo necessario ammettere che l'alta fedeltà, nell'ultimo trentennio, ha abbandonato quasi del tutto gli ambienti accademici dei ricercatori, dei laboratori universitari e delle riviste scientifiche per inabissarsi in un sottobosco fatto di giornali improvvisati, scantinati e persone spesso (non sempre) poco autorevoli ma così sfacciate da pretendere d'imporre con boria teorie costruttive e giudizi qualitativi privi di un supporto scientifico, in aperto contrasto con le leggi della fisica, distanti dall'evidente realtà dei fatti. Questo stato d'incertezza è senz'ombra di dubbio una delle cause per le quali il grande pubblico, stanco di sentirsi dire tutto ed il contrario di tutto, si è allontanato dall'alta fedeltà per dedicarsi - come dargli torto - a passatempi meno ondivaghi ed anche meno irritanti. Proponendoci pertanto di concludere questa serie di articoli con una rapida rassegna di raffinate ed interessanti migliorie, ci imporremo di limitarci a quelle poggianti su solide basi tecniche.
Come anticipato nel capitolo VI.4, anche gli alimentatori
stereofonici possono essere migliorati con l'impiego di induttanze in
sostituzione dei resistori. Ciò è stato messo in atto in figura 6.5
ov'è presentato un filtro di livellamento per alimentatore stereofonico di
elevate prestazioni. I componenti usualmente impiegati nel settore
dell'alta fedeltà sono di valore sensibilmente più alto rispetto a quelli in uso
in radiotecnica o nelle applicazioni "normali". L'induttanza di
spianamento del filtro pi-greco assume in genere valori di almeno 10 H,
meglio ancora 20 H. Inoltre, nelle bobine di elevata qualità
la resistenza interna può essere molto bassa: da qualche centinaio
di Ohm per una bobina da 20 H "buona", fino a poche decine di Ohm per una
bobina da 20 H "eccezionale". Si tratta di componenti che possono
essere piuttosto costosi e che quindi vanno riservati a progetti di qualità
complessiva elevata. Si badi infine che la prima bobina di
spianamento sarà attraversata dal doppio della corrente che attraverserà
ciascuna delle bobine successive: essa, come anche il
trasformatore di alimentazione, dev'essere quindi opportunamente
dimensionata (o per meglio dire: surdimensionata).
Figura 6.5 - Alimentatore
stereofonico per alta fedeltà
con alimentazione degli stadi di ingresso
mediante linea unica in comune ai due canali.
Questa prima soluzione mantiene unite le linee di alimentazione
dei due canali per gli stadi di preamplificazione ed è molto razionale e
compatta. Se si cerca la qualità assoluta anche a scapito dei
costi, della complessità circuitale e dell'ingombro, è possibile
mantenere separate le linee d'alimentazione delle sezioni sfasatrici (o pilota)
e di ingresso costruendo due cascate di celle pi-greco a
resistenza-capacità, una per ciascun canale (figura 6.6).
Ricordiamo però che l'assorbimento di corrente da parte degli stadi di
preamplificazione è spesso modesto se non irrisorio, e che per questa
ragione le migliorie qualitative prospettate dalla teoria potrebbero essere pura
accademia. Certamente l'adozione di questo circuito è da riservare
ad amplificatori che, nella loro globalità (progettazione, componenti,
costo, montaggio), siano omogeneamente privi di compromessi.
Come già accennato, in letteratura si trova spesso la raccomandazione di
disporre i condensatori di livellamento il più vicino possibile alla sezione che
ne farà utilizzo, possibilmente saldandoli alla base della valvola che
preleverà da essi la tensione necessaria al proprio funzionamento.
Figura 6.6 - Alimentatore
stereofonico per alta fedeltà
con alimentazione degli stadi di ingresso su
linee separate per i due canali.
Per quanto riguarda i condensatori di livellamento, si è sottolineato fin dal principio (parte I) che uno sconsiderato aumento della capacità può comportare più danni che vantaggi. Un valore normalmente in uso in alta fedeltà è quello di 47 µF, cioè circa doppio rispetto agli usuali 15-22 µF impiegati in radiotecnica. Questo valore (47 µF) supera talvolta la capacità d'ingresso consigliata nei fogli tecnici che accompagnano le valvole rettificatrici, senza tuttavia che ciò faccia insorgere, nella pratica, particolari problemi. Se il raddrizzamento non è a valvole ma a semiconduttori, spesso i valori salgono ancora e si vedono impiegare capacità fino a 100-200 µF. Per quanto esistano in commercio condensatori in polipropilene di tale valore, per ragioni di reperibilità e costo si ricorre all'impiego di condensatori elettrolitici nella grande maggioranza dei casi. Poiché la velocità con la quale un condensatore elettrolitico eroga energia è inversamente proporzionale alla sua capacità, è possibile introdurre una lieve miglioria nelle prestazioni del filtro di livellamento ponendo al posto di un unico grande condensatore un parallelo di più condensatori di minor valore. Ad esempio, in figura 6.7, cinque condensatori da 10 µF fan le veci dell'usuale condensatore da 47 µF.
Figura 6.7 - Soluzioni sofisticate
per i condensatori di livellamento:
frazionamento delle capacità
impiegate.
Un'idea simile,
che consente di non moltiplicare a dismisura il numero di componenti
impiegati, è quella di porre in parallelo ai grandi condensatori di
livellamento un unico condensatore ad azione rapida che possa far fronte alle
situazioni critiche nell'erogazione di corrente. La capacità dei due
componenti deve essere proporzionata in modo che il più piccolo non sia né
microscopico (e quindi sostanzialmente inutile) né talmente grande da presentare
gli stessi problemi del "fratello maggiore". Affinché
l'affiancamento sia efficace, il rapporto tra le due capacità deve essere
di almeno 50:1, idealmente 10:1. Ciò significa ad esempio
(figura 6.8) che alla normale capacità elettrolitica da 47 µF può essere utile
porre in parallelo una capacità di circa 1-4 µF. Poiché questo
valore è modesto, non è difficile munirsi di un condensatore di elevata
qualità (a carta e olio, oppure polipropilene) a cui far svolgere questo ruolo
di capacità veloce "di soccorso".
Figura 6.8 - Soluzioni sofisticate per i condensatori di
livellamento:
affiancamento di capacità di tecnologia costruttiva
differente.
L'opportunità d'introdurre questi sofisticati dettagli in un amplificatore a valvole è fonte di continui dibattiti tra audiofiili. C'è chi si spinge ad esempio ad affermare che l'introduzione di condensatori molto veloci nel circuito renda il suono più "spigoloso" e prossimo al suono dei transistori; altri sostengono invece che renda più definita l'immagine stereofonica. Questi dibattiti, che spesso degenerano in sterili battibecchi, riflettono probabilmente solo differenze di gusti personali: non a tutti piace lo stesso suono, non tutti lo percepiscono fisiologicamente nello stesso modo, e non necessariamente determinate caratteristiche timbriche sono in assoluto migliori di altre. Per individuare ciò che più incontra il proprio gradimento, raccomando quindi sempre di sperimentare con mente aperta più soluzioni; operazione che, in fondo, è proprio la parte divertente ed istruttiva del lavoro in un laboratorio amatoriale di elettronica.
BIBLIOGRAFIA:
(riprende e
integra la parte V)
[14] Nicolich A., Nicolao G.: Alta fedeltà. HiFi. 2Ş
edizione. Il Rostro, Milano, 1965.
[15] Nicolao G.: La tecnica della
stereofonia. Il Rostro, Milano, 1960.
[17] Macrì L., Gardini R.: Manuale
Hi-Fi a valvole. Schemario. Volume 1°. Progetto editoriale Luciano Macrì,
Firenze, 1993.
[18] Bevacqua S., Macrì L.: Manuale Hi-Fi a valvole.
Schemario. Volume 3°. Guida per l'autocostruttore. Progetto editoriale Luciano
Macrì, Firenze, 1995.
[26] Geloso J. et al.: Bollettino Tecnico
Geloso. N° 73. Dedicato all'alta fedeltà e alla stereofonia. Milano, inverno
1958. P 35-36.
[27] Lo Martire F.: Alta fedeltà stereo e monoaurale. Catalogo
generale; parti staccate; complessi completi. Hirtel, Torino, 1962. P
14.
[28] Bramanti C.: Alta fedeltà ieri e oggi. Sandit, Albino, gennaio
2009.