La Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics
COSTRUZIONE DEI TRASFORMATORI D’ALIMENTAZIONE
Normalmente,
quando si brucia un trasformatore d’alimentazione, basta recarsi nel
negozio di ricambi ed acquistarne uno nuovo; questo è valido per i
trasformatori in uso, oggi, sulle apparecchiature elettroniche più
diffuse, e se pure non si trova il ricambio originale è possibile
adattarne uno simile. I problemi nascono quando si cerca un
trasformatore abbastanza particolare, come quello d’alimentazione per
le vecchie radio a valvole, in tal caso le speranze di trovare il
ricambio sono pressoché nulle; se pure si trovasse un trasformatore
idoneo il prezzo potrebbe essere (senz’altro lo è) proibitivo. Rimane
l’ultima soluzione, anche la più idonea per ripristinare il nostro
apparecchio radio senza stravolgerne l’estetica, il funzionamento e
l’originalità: riavvolgere il trasformatore bruciato.
Personalmente,
da sempre, ho riavvolto i trasformatori rigorosamente “ a mano
“. Ultimamente sono ricorso all’aiuto di Leonardo Mureddu
che, possedendo una bobinatrice, mi ha aiutato in alcune occasioni.
Finalmente,
poco tempo fa, sono anch’io diventato proprietario di una bobinatrice,
di sicuro vetusta ma funzionante a dovere dopo una buona revisione.
Devo,
per questo, ringraziare la persona, veramente gentile e squisita, che me
l’ha ceduta a titolo puramente gratuito:
“Adriano
Monti”
Terminata
l’immancabile premessa andiamo al nocciolo della questione: in
qualunque maniera ci si voglia cimentare nel riavvolgimento di un
trasformatore occorre sapere come comportarsi. Le formule pratiche, per
progettare un trasformatore d’alimentazione, della potenza massima di
150/200 W, sono abbastanza semplici e dettate (molte) dall’esperienza
e dalla pratica. Prima di tutto bisogna stabilire quale sezione deve
avere il nucleo magnetico in base alla potenza assorbita dal primario:
dove
S = sezione del nucleo in cm quadrati,
“
k
= numero fisso che può variare da 1,1 a 1,3 (valore sperimentale
ottenuto dalla pratica)
“
P’=
potenza assorbita dal primario.
Questa
è la formula di partenza che occorre riscrivere diversamente per
adattarla alle esigenze di chi, avendo disponibile un trasformatore
fuori uso, conosce già la sezione del nucleo; a proposito ecco cosa
s’intende per sezione del nucleo:
In
pratica si misura la larghezza della colonna centrale (c) e lo spessore
complessivo del pacco dei lamierini (f); per quest’ultima misura è
meglio contare quanti lamierini compongono il nucleo, poi moltiplicarli
per lo spessore di un singolo lamierino, si evita, così, di errare per
eccesso calcolando una sezione maggiore del reale.
Ecco
la formula per determinare quale sia la potenza assorbita dal primario
del trasformatore conoscendo la sezione in cm quadrati del nucleo
magnetico:
Per
k si può assumere il valore di 1,15, supponendo d’avere
a disposizione, nella maggioranza dei casi, lamierini da 0,5 mm di
spessore che sono i maggiormente usati nei trasformatori
d’alimentazione. La potenza resa al secondario è in funzione del
rendimento proprio del trasformatore, rendimento che si può assumere
uguale a 0,81, quindi ecco come si ricava la potenza utile al
secondario:
La
potenza al secondario P” è uguale al prodotto della potenza del
primario P’ moltiplicata per il rendimento 0,82; c’è ancora da dire
che, normalmente, il rendimento vero e proprio di un trasformatore si
aggira intorno a 0,9, in questo caso si tiene conto anche del fattore di
potenza, anch’esso intorno a 0,9, quindi: 0,9 x 0,9 = 0,81. Bisogna,
ora, stabilire quante spire sono necessarie per ogni Volt applicato sul
primario, la formula riportata sui sacri testi è la seguente:
dove
N/V’ = numero di spire per volt;
“
f
= frequenza di funzionamento (es. 50 Hz di
rete);
“
B = induzione magnetica del nucleo
espressa in Wb per metro quadro e che varia, secondo i
lamierini usati, da 1 (lamierini scadenti) a 1,3 (lamierini di
ottima qualità a basse
perdite);
“
S
= sezione del nucleo in cm quadrati.
Per
facilitare le operazioni di calcolo si possono tener fissi alcuni
parametri, ad esempio la frequenza, trattandosi di trasformatori
d’alimentazione da rete, sarà sempre di 50 Hz; l’induzione,
pur non conoscendo le caratteristiche dei lamierini, si può esprimere
con un valore da 1,1 a 1,15; per sicurezza ed anche per comodità di
calcolo si assumerà il valore di B = 1,126.
Ho
evitato di riportare tutti i passaggi per arrivare alla formula
definitiva, chi volesse esercitarsi ha tutti gli elementi per farlo.
Per
quanto riguarda il numero di spire per volt del secondario basterebbe,
teoricamente, utilizzare il valore ottenuto per il primario, però,
occorre, ancora, tener conto delle perdite di trasferimento perché,
assumendo per N/V” il valore di N/V’, si avrebbe una tensione sul
secondario inferiore a quella richiesta.
Moltiplicando
N/V’ per il numero fisso 1,06 si determina il valore da attribuire a
N/V”. Si calcola, quindi, il numero di spire occorrenti per il
primario e per il secondario (o i secondari se sono più di uno come nel
caso dei trasformatori d’alimentazione delle radio a valvole) con la
formula seguente:
Ancora,
bisogna determinare, in base alla corrente circolante nel primario e nel
secondario, quale diametro di filo di rame smaltato utilizzare per ogni
singolo avvolgimento.
La corrente è uguale al rapporto fra potenza e tensione, per evitare eccessivo riscaldamento, dovuto alla resistenza del filo, si stabilisce quanta corrente possa circolare in ogni millimetro quadrato di sezione del filo.
L’esperienza
e la pratica suggeriscono tre possibili densità: 2 A/mm; 2,5 A/mm; 3
A/mm; nella pratica, poiché è molto più semplice misurare il diametro
del filo con un semplice calibro, si adottano le tre formule seguenti:
Anche in questo caso evito di tediare chi legge riportando tutti i vari passaggi matematici; si può, invece, affermare che, utilizzando la densità minore, 2 A/mm quadrato, si può stare certi che il trasformatore non scalderà per niente; con la densità intermedia scalderà solo un po’, con la densità di 3 A/mm, se il trasformatore rimane in funzione per diverse ore, scalderà abbastanza; è anche possibile scegliere la densità minore per gli avvolgimenti più vicini al nucleo e la densità maggiore per gli avvolgimenti più esterni (questi ultimi hanno maggiori possibilità di smaltire il calore); poiché, come sempre, la virtù sta nel mezzo, si può adottare la densità intermedia per tutti gli avvolgimenti sia del primario che del secondario. Prima di procedere con i nuovi avvolgimenti occorre, ancora, effettuare una verifica importante ovvero controllare che tutti i vari strati di filo, da avvolgere, stiano agevolmente all’interno della finestra (vedere al proposito il disegno del nucleo del trasformatore). Determinata l’area della finestra con la formula:
bisogna accertarsi che l’ingombro complessivo, del rocchetto porta-avvolgimenti e del filo con eventuale strato di carta isolante, non superi lo spazio utile della finestra. Nella tabella, che chiude l’articolo, per ogni sezione di filo smaltato sono riportati il diametro relativo e l’indice d’ingombro per cm quadrato; per ogni avvolgimento occorre determinare l’ingombro con la formula:
dove A = area occupata dall’avvolgimento; “ N = numero di spire dell’avvolgimento; “ k = indice d’ingombro in spire al cm quadrato. Effettuata la somma di tutte le aree, così calcolate: A1 + A2 + A3 + …., occorre, ancora moltiplicare il risultato per il numero fisso 1,4 (altra costante scaturita dall’esperienza e dalla pratica) per tener conto dell’ingombro ulteriore derivato dal cartoccio e dagli strati d’isolante interposti fra gli avvolgimenti, quindi, verificare che il risultato, così ottenuto, sia più piccolo od al più uguale all’area della finestra:
Solo dopo questa verifica è possibile procedere con l’avvolgimento del trasformatore per evitare, d’accorgersi solo all’ultimo momento, che lo spazio sia insufficiente ad accogliere tutto il filo necessario. Per concludere, alcune note pratiche: se occorre riavvolgere completamente un trasformatore bruciato bisognerà svolgere tutte le vecchie spire per poter avvolgere le nuove; se, per esempio, si tratta di un trasformatore con primario universale da 110 a 260 V, secondario AT da 300 + 300 V e secondario BT da 5 e/o 6,3 V, si procederà in questa maniera: poiché l’ultimo avvolgimento è sempre quello d’accensione dei filamenti e, quindi, sarà anche il primo da svolgere, basterà contare le poche spire di filo grosso dell’avvolgimento BT per ricavare immediatamente la N/V” e risalire, così, alla N/V’. A questo punto non occorrerà più contare le altre spire che si svolgeranno senza alcuna preoccupazione; si procederà poi a rifare l’avvolgimento con filo smaltato nuovo d’identico diametro del vecchio; si potranno omettere anche le verifiche sull’ingombro del filo se, prima di smontare il trasformatore, si notasse ancora dello spazio libero nella finestra. Normalmente, a meno che non si tratti del restauro di un apparecchio di notevole pregio e si voglia ripristinarlo in tutto e per tutto rispettando ogni particolare, non occorre rifare tutte le prese intermedie del primario universale (sono queste, fra l’altro, le maggiori imputate nel caso di bruciatura del trasformatore, in quanto basta che il cambio-tensioni sia disposto su una tensione più bassa di quella disponibile in rete per “cuocere” il trasformatore) ma limitarsi alla sola tensione di rete disponibile oggi: 220V, sarebbe ancor meglio dimensionare il trasformatore per 230 V che è la tensione normalizzata già presente in molte abitazioni. In questa maniera si recupera ancora dello spazio che permette, eventualmente, l’uso di un filo di diametro leggermente superiore al richiesto, perché, dimensionare gli avvolgimenti per una densità di corrente minore, darà solo benefici per quanto riguarda il funzionamento e la durata del trasformatore. Tabella per verifica ingombro avvolgimenti:
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