Ricevitori a cristallo - Le Radio di Sophie - Crystal sets GalenaUna parola magica che evoca tanti sogni!
Costruire un apparecchio a galena: quanti di noi hanno sentito questo irrefrenabile richiamo in qualche fase della vita! Da dove nasca il fascino di questi strani oggetti, semplici e complessi allo stesso tempo, è difficile stabilirlo: forse, alla base di tutto sta la sensazione di poterli utilizzare per carpire il segreto, misterioso ed affascinante, della trasmissione radio. Insomma, tanta curiosità tecnica miscelata ad una abbondante dose del vecchio sano romanticismo dei pionieri... Ricevitori a cristallo: La TeoriaLe radio a galena vere e proprie ricadono nella classe più ampia dei cosiddetti "ricevitori a cristallo", ossia quei ricevitori radio che basano il loro funzionamento sulle proprietà rettificatrici di un cristallo semiconduttore. Uno dei principali motivi di fascino è l'estrema economia e facilità di realizzazione, l'altro è l'assenza di sistemi di alimentazione, pile o altro: un ricevitore a cristallo si basa esclusivamente sull'energia elettromagnetica che riesce a ottenere dalla stazione trasmittente attraverso l'antenna. Figuriamoci che alcuni ricevitori riescono ad ricevere segnali intelligibili a distanze intercontinentali! A parte questi casi da contest, però, è già una grande soddisfazione riuscire a captare qualcosa dalle emittenti locali ad onde medie. Un ricevitore a cristallo è basato immancabilmente su quattro elementi, tutti indispensabili:
In aggiunta a questi, vi possono essere ulteriori elementi atti ad aumentare la sensibilità o la selettività dell'apparecchio, ma si tratta quasi sempre di duplicazioni di alcuni dei componenti di base, per esempio un doppio circuito di sintonia (per aumentare la selettività), o un trasformatore di accoppiamento per migliorare l'adattamento di impedenza tra il rivelatore e la cuffia, eccetera. Prima di andare avanti nella descrizione di qualche circuito reale, sarà bene dare un'occhiata da vicino a questi quattro elementi, dal momento che solo la buona comprensione, anche solo empirica, del loro funzionamento e del loro comportamento permetterà di avere successo con i nostri miracolosi ricevitori! Chi ha solide basi di elettronica, fisica dei semiconduttori, radiotecnica ecc. non è particolarmente avvantaggiato rispetto al profano totale quando si trova al cospetto di un ricevitore a cristallo. Certo, avere letto molti libri non fa male, ma in questo campo ciò che serve è un atteggiamento sperimentale piuttosto che ingegneristico. Nella storia della radio a galena ci sono molti esempi di conquiste notevoli fatte a causa di errori o incidenti. Un esempio per tutti è il famoso ricevitore denominato mistery crystal set, che funziona a meraviglia nonostante la bobina d'antenna sia aperta. Fatta questa doverosa premessa, occorre però sistemare un certo numero di nozioni teoriche, e soprattutto occorre dare un nome ad ogni cosa.
I mattoniI mattoni di base che servono per costruire un ricevitore a cristallo sono pochi, ciascuno con una funzione precisa. Useremo quasi esclusivamente condensatori, induttori e filo per collegamenti, oltre ad un rivelatore e ad un trasduttore (cuffia). Inoltre avremo a che fare con delle grandezze fisiche collegate con gli elementi appena visti (capacità, induttanza, resistenza, impedenza...) o con i segnali elettrici (frequenza, lunghezza d'onda, ampiezza...). Impareremo a sfruttare le proprietà elettriche utili, come la capacità e l'induttanza, ed a convivere con quelle inutili o dannose, come la resistenza. Vediamo un po' da vicino le caratteristiche di base di ciascuno di questi mattoni:
Per quanto riguarda le grandezze legate ai segnali elettrici in gioco, la più importante è senza dubbio la frequenza, che identifica in modo univoco (o quasi) il segnale proveniente da una particolare stazione radio. La frequenza di un segnale radio ad onde medie si misura in kilohertz (chilocicli al secondo), e varia (circa) tra 500 e 1600. Questi sono i limiti della banda delle onde medie. Vi sono tante altre bande su cui è possibile ricevere segnali radiofonici, per esempio le onde corte e cortissime, le ultracorte usate per le trasmissioni in FM, e così via. La frequenza di un segnale radio è un po' paragonabile al concetto di "colore", anzi coincide proprio con quello, essendo le onde radio della stessa natura di quelle luminose. Quindi, per ricevere una stazione radio occorre dotare il nostro ricevitore di una sorta di filtro monocromatico, che lasci passare solo il "colore" della stazione desiderata. Quest'operazione si chiama "sintonizzazione". La banda delle onde medie è quella usata per le trasmissioni a carattere regionale o nazionale, per esempio dalla RAI. In alcune nazioni, per esempio la Francia e la Gran Bretagna, si usa anche la banda delle onde lunghe, a frequenza più bassa. Il segnale a radiofrequenza in ogni caso non è udibile, ma porta il segnale audio sotto forma di variazioni di ampiezza. Per usare ancora il paragone con la luce, è come se il segnale variasse in "luminosità". Le variazioni di luminosità seguono fedelmente l'andamento del suono che vogliamo ascoltare. Si dice che il segnale radio è "modulato in ampiezza" (AM). Il compito del nostro ricevitore sarà quello di ricavare in qualche modo dal segnale ricevuto le variazioni d'ampiezza (modulazione), e utilizzarle per generare un nuovo segnale (segnale di bassa frequenza) da inviare alla cuffia. Questo procedimento prende il nome di "rivelazione". Il RivelatoreUno degli elementi più delicati del nostro ricevitore è appunto quello che provvede alla rivelazione del segnale audio. Il rivelatore divide il ricevitore in due parti nette e distinte: prima del rivelatore c'e' la radiofrequenza (RF), dopo c'e' la Bassa Frequenza (BF). Questo è vero in qualunque apparecchio radio, dal più semplice al più complesso. Anche in un ricevitore a cristallo è facile individuare queste due parti: a sinistra l'antenna ed il circuito di sintonia, a destra la cuffia. In mezzo sta il rivelatore. Comunque sia fatto, e su qualunque principio fisico si basi, il rivelatore deve avere proprietà rettificatrici, ossia deve lasciarsi attraversare dalla corrente più facilmente in una direzione che in quella opposta. In buona sostanza si tratta di una certa asimmetria di comportamento. Vi sono molti dispositivi che mostrano questa asimmetria, anzi, potremmo dire che sono pochi i dispositivi elettrici che non ce l'hanno. Per esempio la maggior parte degli ossidi metallici, moltissimi cristalli di composti salini, tante giunzioni bimetalliche hanno proprietà rettificatrici. La differenza è tutta nella percentuale di asimmetria riscontrata. Un rettificatore ideale (che ovviamente non esiste), mostrerebbe una conduzione ottima in un senso (resistenza nulla) e nulla in senso opposto (resistenza infinita). Un conduttore perfetto invece mostrerebbe conduzione ottima in entrambi i sensi. Tra i due estremi si trovano tutti i possibili rivelatori per ricevitori radio. Più ci si avvicina al rettificatore ideale, migliore sarà il rendimento del rivelatore. Prima di occuparci dei dispositivi reali, vediamo come si comporterebbe un dispositivo ideale. La figura qua sotto può aiutare a capire il procedimento.
In pratica, il segnale RF modulato si presenta come un inviluppo simmetrico di semionde positive e negative delimitato dall'onda modulante. Il rivelatore rompe questa simmetria lasciando solo le semionde di un segno (ad esempio quelle positive). Un successivo filtraggio elimina ciò che resta della radiofrequenza, ed ecco il segnale audio pronto per azionare le nostre cuffie. Tutto ciò capiterebbe se il rivelatore avesse un comportamento ideale, cosa che non capita mai. Il nostro rivelatore avrà una certa tendenza a condurre anche in senso opposto (corrente inversa), e peggio ancora avrà una certa "soglia" di funzionamento, ossia si rifiuterà di lasciar passare la corrente diretta finché non si raggiunge una certa tensione. Il risultato sarà una certa perdita di efficienza, associata con una deformazione (distorsione) del segnale rivelato. Negli anni d'oro della radio a cristallo (anni '20-'30) gli sperimentatori provavano qualunque cosa passasse loro per le mani nel tentativo di realizzare un buon rivelatore. I cristalli di galena, un minerale di piombo molto economico e facile da trovare nelle zone minerarie, mostrarono un comportamento molto favorevole. Ma non c'e' solo la galena: vedremo nel seguito quali materiali e quali espedienti possano essere usati. Negli anni '50, con l'avvento dei diodi al germanio a punta di contatto, si ebbe finalmente a disposizione un rivelatore dalle caratteristiche quasi ideali: sensibile, stabile ed economico. Resta comunque sempre viva tra gli hobbysti la voglia di provare l'ebbrezza dell'ascolto incerto e frusciante dei vecchi rivelatori a baffo di gatto.
Antenna e TerraTutta l'energia che un ricevitore a cristallo utilizza, la ricava dall'antenna. L'energia elettromagnetica captata viene trasformata in una debole corrente (segnale a radio frequenza), che circola nell'antenna e nel ricevitore. La terra serve come "conduttore di ritorno", dove confluisce la corrente a radiofrequenza (RF) una volta che ha percorso i nostri circuiti. Migliore l'antenna, migliore la terra, maggiore sarà la quantità di segnale che riusciamo a captare. In linea di principio, l'antenna dovrebbe abbracciare una grande estensione di spazio libero, in modo da essere investita da un campo elettromagnetico sufficientemente intenso, e dovrebbe essere dimensionata in modo da risuonare ad una frequenza vicina a quelle che vogliamo ricevere. In pratica, la lunghezza dell'antenna dovrebbe essere comparabile con la lunghezza d'onda che vogliamo ricevere, che nel caso delle onde medie è di alcune centinaia di metri. Vedremo in seguito come si costruisce una buona antenna. Circuito d'AccordoL'accordo (o sintonia) è l'operazione che permette di selezionare tra tutti i segnali presenti in antenna solo quello che si vuole ricevere. Questa selezione viene effettuata secondo la frequenza del segnale, e si basa sull'uso di un circuito accordato. Il circuito è facile da disegnare ma piuttosto complesso da spiegare, per cui cerchiamo di aggirare l'ostacolo dando esclusivamente un'idea del meccanismo. Gli elementi in gioco sono un condensatore ed un induttore collegati in modo da interagire l'uno con l'altro. Per esempio possono venire collegati in parallelo (come nella figura qua sotto) oppure in serie. In entrambi i casi si ottiene un circuito risonante, ma con caratteristiche differenti a seconda del tipo di collegamento.
In un circuito accordato avviene un complesso fenomeno di scambi di cariche elettriche tra condensatore ed induttore, basati sul principio fisico della conservazione dell'energia. In pratica, ad ogni stimolazione esterna corrisponde l'instaurarsi di un treno di onde smorzate ad una particolare frequenza (f0) detta frequenza di risonanza, secondo la formula indicata in figura. Dalla formula possiamo ricavare per esempio i valori di capacità ed induttanza necessari per un circuito accordato alla frequenza di circa 1000kHz (la zona centrale delle onde medie): C = 300 picofarad, L = 85 microhenry Ovviamente, questi non sono i soli valori possibili: diminuendo la capacità si potrà ottenere la stessa frequenza di risonanza aumentando l'induttanza, e viceversa, almeno entro certi limiti. Un circuito accordato dimostra una grande sensibilità per i segnali a frequenza uguale o vicina alla frequenza di risonanza, mentre tende a sopprimere i segnali a frequenze differenti. Questo è il concetto di "selettività", ossia della attitudine a selezionare un segnale tra i tanti che arrivano mescolati tra loro sull'antenna di un apparecchio radio. La selettività è mostrata in figura come una curva (curva di risonanza): le frequenze che si trovano all'interno di questa curva vengono in qualche modo selezionate rispetto a quelle che ne stanno fuori. Più stretta la curva, più selettivo il circuito. Tra le cause che provocano l'allargamento della curva di risonanza, la più importante è la resistenza del circuito stesso. Se la resistenza fosse nulla (cosa impossibile tranne che per i superconduttori) il circuito mostrerebbe una curva di risonanza strettissima. Invece, vi è una certa resistenza, dovuta proprio ai fili che costituiscono l'induttore ed i collegamenti, ed il suo effetto è quello di allargare la curva. Più larga la curva, meno selettivo è il circuito. Questa caratteristica dei circuiti accordati si chiama "fattore di merito" e si indica con la lettera Q. Riuscire a costruire bobine e circuiti accordati ad alto Q è uno dei tanti traguardi che si pone il costruttore di ricevitori a cristallo. Il trasduttore acusticoCome si fa a rendere udibile il nostro debole segnale captato dall'antenna, selezionato dal circuito d'accordo ed infine rivelato dal cristallo? Occorre utilizzare un trasduttore acustico che abbia delle spiccate doti di sensibilità ed efficienza, altrimenti non saremo in grado di sentire un bel niente. Dobbiamo anche prepararci ad un suono piuttosto debole, dal momento che il segnale non ha subito alcuna amplificazione nel suo percorso attraverso il ricevitore, anzi avrà perso ancora un po' della sua già scarsa potenza. Ciò che serve è una cuffia o un auricolare ad alta impedenza (almeno 2000 ohm). Tanto per intenderci, le cuffiette che usiamo per lo stereo non vanno bene perché sono a bassa impedenza (8 ohm); anche l'auricolare del telefono non va bene (50 ohm), per non parlare degli altoparlanti, per piccoli che siano, che comunque hanno sempre un'impedenza piuttosto bassa. Ci occuperemo in seguito di come reperire una buona cuffia, o di come riuscire ad aggirare l'ostacolo. Perché è necessaria una cuffia ad alta impedenza? La risposta è semplice: più bassa è l'impedenza, più forte è la corrente richiesta per azionare la cuffia. A parità di potenza una cuffia stereofonica da 8 ohm richiede una corrente 250 volte maggiore di quelle richiesta da una cuffia da 2000 ohm, ed il nostro delicatissimo ricevitore a cristallo non è certamente in grado di erogare correnti così forti... Dal punto di vista costruttivo l'auricolare di una cuffia ad alta impedenza è costituito da una sottile membrana d'acciaio posta in un campo magnetico. Un avvolgimento di moltissime spire di filo sottilissimo, percorso dalla corrente del segnale, fa variare il campo magnetico, e di conseguenza mette in vibrazione la lamina. Il suono prodotto è debolissimo, come quello del telefono, e può essere udito soltanto poggiando l'auricolare all'orecchio. Il Grande NemicoOra che abbiamo preso confidenza con i componenti e le grandezze fondamentali in gioco, prima di accingerci a costruire il nostro primo ricevitore a cristallo sarà bene che impariamo a conoscere il nemico con cui dovremo combattere. Questo nemico, dalle molte facce, si annida in ogni angolo di qualunque circuito elettronico, prelevando percentuali di segnale qua e la, distorcendo e in certi casi annientando il nostro povero debole segnale. Si chiama degrado del segnale, ed è un tributo per certi versi inevitabile, legato alla stessa natura fisica dei circuiti elettronici. Sta a noi renderlo minimo ed inoffensivo con i dovuti accorgimenti e con tanto buon senso. Vediamo alcuni esempi di come agisce e di come sia possibile rimediare. 1) La dissipazione termicaOgni conduttore percorso da corrente elettrica si scalda, ossia trasforma una parte dell'energia elettrica in calore. Questa è la dura legge di Joule. La dissipazione è proporzionale alla corrente ed alla resistenza del conduttore. Questo effetto è molto evidente nelle lampadine e nelle stufe elettriche (e anche nelle valvole!), anzi sta proprio alla base del loro funzionamento. Ma esiste anche, sebbene non sia misurabile, nelle radio a cristallo. Questo significa che una parte del segnale ricevuto dalla nostra antenna non arriverà alla cuffia ma servirà per riscaldare un pochino l'antenna, le bobine, i contatti elettrici ed i fili di collegamento. E' impossibile eliminare completamente questo fenomeno, ma si può tentare di ridurlo diminuendo quanto più è possibile la resistenza dei conduttori (per esempio usando fili di grosso diametro) e soprattutto dei contatti: basta un leggerissimo strato di ossido in un interruttore o in un contatto strisciante per portar via mezzo segnale! 2) Le capacità parassiteAncora più insidiose e letali (per il segnale!) sono le capacità parassite, specie di condensatori virtuali che si installano a nostra insaputa dovunque vi siano conduttori che passano troppo vicini e paralleli tra loro. Per esempio ai capi di una bella bobina realizzata avvolgendo tante spire una vicino all'altra ed uno strato sopra l'altro è possibile misurare capacità parassite dell'ordine di centinaia o migliaia di picofarad. Per questo motivo i nostri antenati impararono a costruire le famose bobine a nido d'ape, quelle a fondo di paniere eccetera. Se le osserviamo da vicino con occhio consapevole, ora ci accorgiamo perché venissero costruite con quelle belle forme: per evitare quanto più possibile che le spire si trovassero vicine e parallele tra loro.
Malgrado tutti gli artifizi e gli sforzi, comunque, non sarà possibile eliminare tutte le capacità parassite, tra cui quelle "intrinseche" in alcuni elementi, per esempio i rivelatori. Fortunatamente nella gamma delle onde medie il problema non raggiunge proporzioni preoccupanti, comunque sarà bene sempre tener conto di quanto detto ed evitare di realizzare montaggi troppo compatti e troppo ordinati, con tutti i fili paralleli. Meglio un po' di disordine... 3) Le induttanze parassiteLe induttanze parassite, sebbene sicuramente presenti, sono certamente molto meno nocive delle capacità, alle frequenze dei nostri ricevitori. Diventano significative solo nelle gamme delle onde corte e cortissime. Sarà bene comunque evitare che diventino un problema, eseguendo i collegamenti con fili corti e rigidi. 4) La caduta di tensione sul rivelatoreUna sensibile tassa sul segnale viene prelevata dal rivelatore, a causa dello stesso principio fisico per cui funziona. Ogni rivelatore a cristallo, diodo o altro, esibisce una specie di "soglia" di conduzione diretta, ossia una tensione minima al si sotto della quale il dispositivo non conduce. In termini tecnici questa soglia si chiama "barriera di potenziale". Immaginiamola come una specie di gradino, posto lungo il percorso del segnale. I segnali di ampiezza superiore al gradino riescono a passare, gli altri no. Quelli che passano vengono decurtati dell'ampiezza del gradino, e di conseguenza vengono attenuati ed in qualche misura distorti dal processo di rivelazione. In un buon rivelatore questa soglia è bassa, in un cattivo rivelatore invece è alta. Alcuni dispositivi a semiconduttore, per esempio i diodi al silicio, hanno una barriera di potenziale talmente alta da essere completamente inutilizzabili per la rivelazione dei segnali deboli. Un buon rivelatore a galena, invece, esibisce una soglia bassissima (pochi decimi di volt) che unita ad una capacità parassita piuttosto limitata per motivi costruttivi (il baffo di gatto), ne fa un rivelatore ideale. Lo stesso dicasi per i diodi al germanio a punta di contatto (tipo OA90, AA112 ecc.), che restano gli unici diodi a semiconduttore utilizzabili con successo. In aggiunta all'effetto "barriera di potenziale" appena descritto vi è una inevitabile resistenza interna del rivelatore, che contribuisce ad aumentare la caduta di tensione. Il miglior modo per minimizzare gli effetti della barriera di potenziale è quello di selezionare per tentativi un buon rivelatore. Anche se si usano diodi commerciali, sarà bene averne un certo numero in modo da poter scegliere quello che offre le migliori prestazioni su segnali deboli. 5) I disadattamenti di impedenzaCiò che viaggia attraverso il nostro ricevitore, ossia il famoso "segnale", altro non è se non una certa quantità di energia elettrica che possiamo identificare punto per punto mediante misure di tensione e di corrente. Un dato molto importante, che indica di quanto segnale possiamo disporre, è la potenza, data dal prodotto della tensione per la corrente. Il nostro compito è quello di cercare di trasferire la massima potenza dall'antenna alla cuffia attraverso i vari elementi del nostro ricevitore. E' qui che entra in gioco l'adattamento di impedenza. Il concetto può essere espresso in questi termini: a parità di potenza, un elemento ad alta impedenza verrà percorso da correnti deboli ma manterrà ai suoi capi tensioni relativamente alte; viceversa, un elemento a bassa impedenza richiederà correnti forti con tensioni deboli. Ciò che resta costante è il prodotto, ossia la potenza. Per fare un esempio, prendiamo due lampadine: una da 220V, 60 W, l'altra da 12V, 60W. Entrambe hanno la stessa potenza, e quindi presumibilmente emetteranno la stessa luce, ma la prima avrà bisogno di 60/220=0.27A, mentre la seconda, alimentata a 12V, dovrà essere percorsa da una corrente di ben 5A. I vari circuiti delle radio, dall'antenna ai circuiti di sintonia fino alla cuffia, mostrano ciascuno una propria impedenza, che dipende da come sono realizzati. Il miglior trasferimento di potenza si ha quando due elementi successivi hanno impedenza uguale o simile, mentre in tutti gli altri casi si hanno delle perdite dovute al disadattamento. Il caso peggiore si ha quando si trasferisce energia da un circuito ad alta impedenza ad uno a bassa impedenza. Per esempio dal rivelatore, che mostra un'impedenza di qualche migliaio di ohm, ad un trasduttore a bassa impedenza (per esempio una cuffia a 16 ohm). In questo caso si avrebbe un trasferimento di potenza pari al rapporto tra le impedenze, cioè qualcosa tipo l'1% con una perdita del 99%, del tutto inaccettabile. Una progettazione accurata dei circuiti permette di trovare il miglior modo di adattare le varie impedenze in gioco. Nei casi peggiori, come quello appena visto, si può porre rimedio usando appositi trasformatori (adattatori d'impedenza) costruiti con un altissimo numero di spire nell'avvolgimento primario (alta impedenza), ed un numero bassissimo nel secondario (bassa impedenza). Nelle parti a radiofrequenza dei ricevitori a cristallo, l'adattamento di impedenza è spesso realizzato mediante "prese intermedie" effettuate negli avvolgimenti degli induttori. Anche in questo caso, la sperimentazione effettuata con "mente aperta" dà spesso risultati migliori della semplice speculazione accademica. Il circuito base di un ricevitore a cristallo
Lo schema delineato in figura rappresenta l'esempio più semplice di ricevitore a cristallo (ed in generale di ricevitore radio). Gli elementi sono tutti presenti e facilmente riconoscibili: l'antenna, la terra, la bobina ed il condensatore di sintonia, il rivelatore a cristallo ed infine la cuffia. Questo circuito può essere costruito e funziona, ossia permette di sentire bene almeno l'emittente locale, con grande soddisfazione. Si tratta di reperire tutti i componenti, avvolgere la bobina, collegare insieme tutte le parti in modo da dare all'insieme un aspetto solido, ordinato e presentabile, collegare un filo di qualche decina di metri (almeno 20) alla presa d'antenna, collegare la presa di terra a qualcosa (termosifone o altro) che possa servire allo scopo, inserire la cuffia e ruotare il condensatore variabile per la migliore ricezione. I problemi di sensibilità e selettività per ora non ci interessano. Non importa se in qualche parte della scala riceviamo solo un guazzabuglio di segnali tutti sovrapposti, o se l'unica stazione ricevibile arrivi talmente debole da non essere praticamente udibile: ci basta avere realizzato questa piccola magia! Puoi trovare i dati costruttivi pratici per la realizzazione di questo ricevitore e di altri più complessi nelle altre pagine di questo sito: Costruiamo un ricevitore a cristallo, Ricevitore con antenna a quadro Torna a Radio a cristallo |