La Tecnica - Le Radio di Sophie Un piccolo, insidiosetto ricevitore francese "tous-courant"Radialva Groom 41
(immagine tratta dal Radiomuseum) Qualche giorno fa è venuto a trovarmi un amico, portando un involto nel quale era contenuto un esemplare di questa bella radio francese, mezzo smontata e con un sacchetto di componenti a parte. L'aveva appena ritirata dal laboratorio di un anziano riparatore della nostra città, che dopo averla tenuta qualche tempo evidentemente si era arreso, non riuscendo a cavarne piede. Nei giorni successivi mi son dedicato alla ricostruzione dell'apparecchio, tenendo un occhio allo schema e uno al cablaggio. Ho capito subito come mai il pur bravo riparatore non era riuscito a risolvere i problemi, e perché si ostinasse a smontare componenti, condensatori e bobine, nel tentativo di trovare un cortocircuito che invece non c'era. Per fortuna avevo disponibile lo schema: ne riporto qua sotto uno stralcio relativo all'alimentazione e allo stadio finale:
L'ingresso dell'alimentazione è in basso a destra. C'è subito una prima complicazione, dovuta al fatto che in serie ai filamenti appare una resistenza (R16 da 135 ohm), che nel cablaggio non si trova. Infatti era inserita nel cordone di alimentazione, che dunque portava tre fili: la fase, il neutro e il "filo caldo" per alimentare le valvole. Per inciso, fortunatamente questo cordone mancava del tutto nell'esemplare del mio amico, altrimenti avrebbe potuto causare problemi, dato che l'isolamento termico era realizzato con fibre del pericolosissimo amianto. L'ho sostituita con una resistenza interna da 150 ohm 15W, che diventa rovente durante il funzionamento. Questi apparecchi venivano affettuosamente chiamati queue chaude (coda calda), proprio per il fatto che il cordone di alimentazione si scaldava durante il funzionamento. Ma l'inghippo maggiore si trova a valle della valvola raddrizzatrice. Infatti, se uno prova, come facciamo tutti, a verificare l'efficienza dei condensatori elettrolitici utilizzando l'ohmetro analogico (scala Rx1000) ai capi di C24, misura un quasi cortocircuito (pochi kiloohm) al posto dei soliti 200-500k. Da lì cominciano i guai per il bravo riparatore, che probabilmente, avendone viste tante, lavorava senza servirsi dello schema. Ma anche avendo lo schema, guardandolo distrattamente uno tende a farsi un'idea standard: apparecchio senza trasformatore, filamenti in serie, raddrizzatore a una semionda, altoparlante elettrodinamico con bobina di campo, resistenza di ritorno sul negativo dell'alimentazione per ottenere la polarizzazione di griglia della finale... sono queste le considerazioni che si fanno, dopodiché si mette via lo schema e ci si mette al lavoro. In questo caso invece una seconda occhiata allo schema avrebbe mostrato un collegamento abbastanza insolito: la bobina di campo si trova in parallelo, non in serie all'alimentazione. Questa è una configurazione che ho visto solo in alcuni apparecchi francesi di questo tipo, che serve ad evitare un'eccessiva caduta di tensione prima della finale ma provoca un consumo enorme di corrente raddrizzata: quasi 40mA in più che devono essere forniti dalla raddrizzatrice oltre alla normale corrente anodica. Quelle che seguono sono due foto dell'esemplare su cui ho lavorato. Tornando a noi, un altro problema è che, smontando l'apparecchio, non si riesce a trovare i condensatori elettrolitici di filtro (C24). Anche in questo caso uno cercherebbe qualche forma nota, ossia i cilindri con la vite o le scatolette, montati magari nelle vicinanze della valvola raddrizzatrice. Invece in questo caso si tratta di un grosso contenitore di alluminio a base quadrata, montato sopra il gruppo AF (a sinistra nella foto di qua sopra), del quale chiunque direbbe che debba contenere qualche bobina di oscillatore o d'antenna. Fortunatamente avevo anche lo schema della disposizione dei componenti sul telaio:
Si tratta di un condensatore molto grosso (2x100uF!), piuttosto inconsueto per una radio dei primi anni '40, quando il massimo che si trovava in giro erano condensatori da 16 o 32uF. Il tutto montato in uno spazio ristretto, nel quale è impossibile seguire il cablaggio, e se uno volesse sostituire questo condensatore dovrebbe prima smontare completamente il commutatore di gamma del gruppo AF sottostante. Per fortuna oggi si trovano dei sostituti abbastanza piccoli, che si possono montare ovunque. Un'altra complicazione piuttosto inusuale per l'epoca, e che tende a distrarre il buon riparatore, è una complicata rete di controreazione che parte dal trasformatore d'uscita e finisce sul catodo della preamplificatrice, facendo uso di alcune bobine e altri componenti. Tutto ciò provoca un aumento dei fili che partono dalla zona dell'altoparlante, rendendo ancora più complicata la comprensione del circuito. Infine, come ciliegina sulla torta, l'intero ricevitore non possiede elementi di regolazione, e quei pochi sono bloccati in modo definitivo. Le istruzioni non lasciano dubbi:
(come per i due ricevitori precedenti i circuiti d'accordo e d'oscillazione sono regolati una volta per tutte in fabbrica con l'ausilio di condensatori a mica e non possono essere ritoccati. I trasformatori MF sono accordati su 472kHz per mezzo di nuclei magnetici incollati in fabbrica dopo la regolazione. Non dovranno essere ritoccati mai più) Una volta capite queste cose, la riparazione del ricevitore è stata semplice, e ho potuto constatare che la qualità dei componenti era buona, tanto che ho dovuto sostituire solo gli elettrolitici, e in effetti la taratura e l'allineamento della scala si sono mantenuti bene, come previsto dai costruttori oltre settant'anni fa. In conclusione: talvolta lo schema serve veramente (ils sont fous ces gaulois!) Torna alla pagina della tecnica Torna alla pagina dei progetti |