Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Meglio dell'Alta Fedeltà

Un periodo di grande e fervida sperimentazione portò nei primi anni '60 alla creazione di strumenti sonori meravigliosi - di L. Mureddu

Orecchie come le nostre, ormai abituate al suono "secco", digitale, privato di qualunque effetto esterno, hanno qualche difficoltà ad accettare che un apparecchio di riproduzione sonora possa "metterci del suo", arricchirlo insomma, renderlo migliore dell'originale. Si tratta ovviamente di operazioni arbitrarie, quasi illecite al giorno d'oggi, ma comuni e praticate ai più alti livelli cinquant'anni fa. Infatti i grossi impianti radiogrammofoni, specie quelli del nord Europa, proprio negli anni tra il 1955 e il 1965 si arricchirono di espedienti per "allargare", rendere "tridimensionale", "profondo" il suono, sia che provenisse dal sintonizzatore FM mono, sia dal disco stereofonico.

Sono interessanti a questo proposito gli espedienti basati su artifizi meccanici di cui venivano equipaggiati i ricevitori. Uno dei più sofisticati era un nastro magnetico ad anello continuo, che ripeteva con un certo ritardo la musica riprodotta, generando un effetto di eco molto suggestivo (per esempio l'amplificatore Schaller mod. Echo-Sound del 1967)

Un effetto simile si poteva ottenere con una linea di ritardo acustica costituita da un tubo ripiegato dentro al quale veniva introdotto il suono mediante un particolare trasduttore, e finiva con delle piccole trombe esponenziali laterali. L'effetto in questo caso era di aumento della profondità, una specie di stereofonia basata sulla selezione delle frequenze e su un piccolissimo ritardo.

Un'altra tecnica molto usata, e in seguito diventata prassi, era quella di selezionare particolari bande acustiche da inviare a diversi gruppi di altoparlanti. Fu allora che si studiarono i filtri cross-over e le varie forme delle casse acustiche con o senza riflessioni interne.

Tutto questo veniva percepito dall'ascoltatore non come una distorsione ma come un miglioramento del suono, che forniva esperienze di ascolto "caldo e avvolgente", o altri aggettivi sempre soggettivi presi a prestito da altre sensazioni, comprese quelle gustative (dolce, secco ecc...).

Uno dei principi tra questi artifici meccanici fu il meccanismo del "riverbero", simile a quello che si può sperimentare in una sala d'ascolto con pareti riflettenti. Spesso questo effetto viene anche definito "cattedrale", proprio perché somiglia a quello che si ottiene suonando l'organo in un ambiente vasto e non particolarmente curato dal punto di vista acustico. L'effetto può essere devastante: un suono che si impasta e diventa incomprensibile. Ma se ben dosato, il riverbero produce veramente una bella sensazione uditiva.

Ho avuto per le mani recentemente un bel ricevitore Philips Capella Reverbeo che fa uso di un'unità di riverbero a molla d'acciaio: due trasduttori sono posti agli estremi di un sistema di lunghe molle che costituiscono una linea di ritardo per il suono. Pigiando il tasto "reverbeo" si coglie un effetto di "spazializzazione" del suono che lo arricchisce con quella sensazione di grandiosità tipica delle cattedrali. L'effetto non è dosabile, può essere solo inserito o disinserito, quindi andava senz'altro usato con prudenza, per esempio per ascoltare la "toccata e fuga in Re minore" per organo di J. S. Bach, a tutto volume e a occhi chiusi... (da provare).

Infine, per chi vuole sperimentare con questa tecnica, ecco un progetto non particolarmente complesso, che fu pubblicato su Costruire Diverte nell'ottobre del 1963, e che insegna a costruire un'unità di riverbero a molla con un altoparlante e un pick-up piezoelettrico. Nella figura qua sotto un particolare del collegamento della molla all'altoparlante.

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