La tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

Impariamo a leggere uno schema

("when all else fails, take a look at the schematic diagram...")

(Leonardo Mureddu)

 

Quando serve lo schema?

Il sottotitolo di questo articolo utilizza un famoso adagio americano, adattandolo per l'occasione: "quando ogni altro tentativo fallisce, dai un'occhiata allo schema". Questo è ciò che avviene sempre in qualunque campo della tecnica, e vale a maggior ragione con le radio d'epoca, che seguono generalmente schemi e configurazioni piuttosto standard. Conosco più di un radiotecnico anziano che si vanta di essere sempre riuscito a rimettere in funzione le radio senza mai dover guardare lo schema. Io non sono così radicale, e ricorro piuttosto spesso alla consultazione dello schema quando è disponibile, cosa che consiglio a tutti, principianti ed esperti; tuttavia credo che valga sempre la pena di tentare di riparare un apparecchio radio, specie se è a valvole e ha tutto il cablaggio visibile, utilizzando soltanto la logica e le proprie conoscenze.

Con queste premesse, risponderei alla domanda iniziale in questo modo:

  • Lo schema serve quando si è in presenza di circuiti apparentemente manomessi o modificati, oppure quando non tutto il cablaggio sia ben visibile - per esempio con le piastre a circuito stampato o con i circuiti molto compatti;

  • serve anche quando si è in presenza di circuiti non standard, difficili da riconoscere tra le tipiche categorie dei ricevitori radio. A volte si stenta a credere che il progettista possa aver adottato una certa configurazione, perché non rientra tra quelle che abbiamo già visto. Ma per ogni cosa c'è sempre una prima volta, e lo schema può aiutarci a convincercene...

  • Uno schema non serve, tranne pochissime eccezioni, a guidarci nella ricerca di un guasto. La natura del guasto, o almeno una ragionevole ipotesi ci devono essere già chiare in mente prima di cominciare a guardare lo schema.

Schema teorico e schema pratico

In uno schema teorico tutti i componenti di un circuito sono rappresentati mediante appositi simboli, ed i collegamenti reciproci mediante linee rette; inoltre la disposizione geometrica segue un criterio logico, non necessariamente legato alla reale disposizione del cablaggio. Viceversa, in uno schema pratico i componenti sono rappresentati secondo la loro forma reale ed i collegamenti seguono per quanto possibile la reale disposizione.

Queste due diverse rappresentazioni di un circuito sono tra loro complementari: lo schema teorico permette di capire come funziona un circuito, quello pratico aiuta nell'individuazione dei componenti e dei collegamenti. Le due immagini qua sotto mostrano per esempio lo schema teorico ed il corrispondente schema pratico di un semplice ricevitore (Geloso G30).

 

In un manuale di servizio completo, che purtroppo si trova molto raramente, gli schemi teorico e pratico sono accompagnati da altre illustrazioni e descrizioni, per esempio il dettaglio che mostra i punti di taratura, il disegno del percorso della cordicella di sintonia, la descrizione di come procedere per lo smontaggio ecc. In certi fortunati Paesi, per esempio l'Inghilterra, ogni ricevitore prodotto negli anni d'oro delle valvole era accompagnato da un corposo "service manual" (da due a 10 pagine) che forniva tutte le istruzioni per il riparatore. Ciò non avvenne in Italia, dove nella grande maggioranza dei casi un ricevitore è fornito del solo schema teorico, e molto spesso nemmeno di quello. Per fortuna alcuni autori (Ravalico, Angeletti...) sopperirono almeno in parte a queste carenze di documentazione mediante la pubblicazione delle famose raccolte di note di servizio (un esempio per tutti è il celebre "Radiolibro" dell'Hoepli nelle varie edizioni).

Dunque molto spesso, quando ci troviamo in difficoltà nella riparazione di una radio e cerchiamo aiuto nello schema, ci troveremo in possesso del solo schema teorico, che ci potrà essere utile solo se impariamo a decifrarlo in modo corretto.

 

Il linguaggio

Ogni rappresentazione ha il suo linguaggio, le sue regole e i suoi limiti. Per esempio la musica può essere descritta molto accuratamente mediante il pentagramma e i vari simboli, note, accentazioni, legature eccetera, che possono venire interpretati correttamente solo da chi conosce le regole del linguaggio, ma per quanto accurata sia una partitura musicale lascia sempre un certo spazio all'interpretazione e alla libera scelta. Solo un musicista può capire e utilizzare il linguaggio musicale. Questo vale per qualunque linguaggio. Anche il linguaggio dell'elettronica è fatto di simboli e regole, fortunatamente molto più semplici di quelle della musica, ma altrettanto importanti e decisive per la comprensione degli schemi. Basta conoscere una manciata di simboli e alcune regole fondamentali per riuscire a decifrare qualunque schema. Naturalmente, a monte di tutto questo, occorre essere "musicisti", ossia avere le basi tecniche e scientifiche che permettano di capire il principio di funzionamento delle singole parti.

Ogni componente elettronico ha il suo simbolo: resistori, condensatori, induttori, trasformatori eccetera, hanno tutti una rappresentazione simbolica. Questa rappresentazione ha avuto un'evoluzione nel tempo, per cui lo stesso componente può venire indicato con simboli differenti, ma con un po' di esercizio si dovrebbe essere in grado di riconoscere gli elementi più comuni di un circuito. Nelle tabelle elencate qua sotto sono riprodotti i simboli elettrici così come venivano presentati nelle prime lezioni pratiche del famoso corso radio della Scuola Radio Elettra nei primi anni '50:

Condensatori fissi

Condensatori variabili

Resistori, strumenti di misura

Bobine, altoparlanti

Tabella generale simboli

Interruttori, lampadine, cuffie

 

Oltre ai simboli ci sono le regole, sia quelle scritte sia quelle tramandate ed accettate per prassi o tacita convenzione. Per esempio, una regola tacita che nessuno ha mai dichiarato espressamente è quella che vuole che il segnale si propaghi in uno schema da sinistra verso destra: a sinistra l'ingresso (antenna), a destra l'uscita (altoparlante). Mi stupirei di trovare uno schema disegnato al contrario, col segnale che viaggia da destra a sinistra, anche se formalmente non avrebbe niente di errato. Un'altra regola non scritta è quella che riguarda il circuito di accensione dei filamenti delle valvole, che in genere viene omesso del tutto o semplicemente accennato negli schemi, allo scopo di non appesantirli inutilmente.

Le regole scritte sono poche e riguardano essenzialmente le convenzioni grafiche per i collegamenti tra i vari componenti. Queste sono essenzialmente tre:

  1. I collegamenti tra i terminali dei componenti vengono rappresentati a mezzo di linee. Una linea rappresenta in pratica l'unione elettrica tra due punti, non necessariamente realizzata mediante un filo, ma per esempio anche attraverso il telaio o per saldatura diretta. Di conseguenza la lunghezza del collegamento sullo schema non ha alcuna corrispondenza con la lunghezza del collegamento reale.

  2. Tutti i valori di tensione eventualmente indicati in uno schema si intendono riferiti alla massa (telaio) dell'apparecchio. Questo conduttore privilegiato è indicato in qualche modo speciale, per esempio con un tratto più grosso o semplicemente con l'uso del simbolo di "massa" (vedi tabella generale dei simboli) ripetuto su ogni punto che è da intendere connesso al telaio metallico.

  3. Gli incroci tra due linee nello schema non necessariamente rappresentano il contatto tra due fili. Per convenzione un incrocio senza contatto viene rappresentato in uno dei due modi indicati nella figura qua sotto a sinistra o al centro, mentre l'incrocio con contatto viene in genere marcato con un punto ben evidente (destra).

 

Attenzione!

Il riconoscimento degli incroci con o senza contatto può causare confusione in molti casi, specie a causa di piccole disattenzioni dei disegnatori o per motivi di leggibilità degli schemi. In caso di dubbio è bene non fidarsi troppo della convenzione suesposta, ma cercare di capire la logica usata osservando gli altri incroci dello stesso schema. Altre volte è necessario cercare di capire l'intenzione del progettista o del disegnatore in base alla plausibilità di un certo incrocio.

 

Percorsi

Ogni tipo particolare di apparecchio elettrico ha i suoi "percorsi", ossia delle reti di componenti e collegamenti che svolgono tutti insieme una stessa funzione. In un ricevitore radio classico (supereterodina a valvole), possiamo individuare essenzialmente quattro percorsi:

  1. Il percorso del segnale, da sinistra verso destra ossia dall'antenna all'altoparlante passando attraverso il commutatore del cambio-gamma con relative bobine e condensatori, il convertitore di frequenza, l'amplificatore di media frequenza, il rivelatore, il controllo di volume, il preamplificatore di bassa frequenza e l'amplificatore finale;

  2. Il percorso dell'alimentazione anodica, in genere da destra verso sinistra e da sotto verso sopra partendo dalla valvola raddrizzatrice, il filtro dell'alimentazione e le reti di polarizzazione, fino alle griglie schermo delle valvole AF e i primari dei trasformatori di media frequenza;

  3. Il percorso del controllo automatico di volume (da destra verso sinistra) dal rivelatore alle griglie controllo delle valvole di AF, passando attraverso la cella di livellamento, l'eventuale occhio magico e le reti di polarizzazione di griglia;

  4. Il circuito di alimentazione dei filamenti e delle lampadine.

Di questi quattro percorsi, il più complesso è certamente il primo perché attraversa tutti i blocchi funzionali del ricevitore; anche il secondo, riguardante l'alimentazione anodica, coinvolge molti componenti ed è spesso causa di guasto, per cui necessita di una grande attenzione. Ma bisogna imparare a riconoscere a colpo sicuro anche i componenti del CAV, pure se hanno un'importanza minore nel funzionamento generale dell'apparecchio. Infine, il circuito di accensione dei filamenti può non essere neppure indicato nello schema, ma in certi casi, specie con filamenti collegati in serie o serie-parallelo, può diventare esso stesso oggetto di indagine.

 

Blocchi funzionali e blocchi ausiliari

I blocchi funzionali sono quelli che hanno un effetto diretto sul segnale, amplificandolo o modificandolo secondo il principio di funzionamento dell'apparecchio; i blocchi ausiliari invece non vengono coinvolti direttamente nel percorso del segnale, ma servono sia per il funzionamento dei blocchi funzionali, sia per garantire delle prestazioni accessorie al ricevitore. Per esempio, blocchi funzionali sono il gruppo AF di sintonia, il convertitore di frequenza, l'amplificatore a frequenza intermedia con i suoi trasformatori, eccetera. Blocchi ausiliari sono il trasformatore di alimentazione, l'alimentatore anodico, ma anche l'occhio magico,  il sistema di illuminazione della scala eccetera.

Nelle semplificazioni usate nei vecchi libri di "avviamento alla radio", un'illustrazione tipica era quella di un ricevitore sezionato nei principali blocchi: convertitore di frequenza, amplificatore FI, rivelatore/preamplificatore BF, amplificatore finale, alimentatore. A ogni blocco corrispondeva una valvola. Questa schematizzazione è già utile per cominciare, e potrebbe essere un buon esercizio quello di riuscire ad individuare su uno schema i blocchi principali, separandoli gli uni dagli altri mediante un confine tracciato con un pennarello grosso. Ogni blocco funzionale dovrebbe contenere soltanto gli elementi relativi a quella particolare funzione, e dovrebbe comunicare con gli altri blocchi mediante poche connessioni, che potrebbero ridursi a quattro o cinque:

  • ingresso

  • uscita

  • alimentazione

  • massa

  • controllo

I blocchi ausiliari possono avere un numero minore di collegamenti, per esempio solo l'uscita o solo l'ingresso eccetera.

Per familiarizzare con questa tecnica sarebbe opportuno cominciare con schemi semplici e chiari, senza troppi commutatori o circuiti ausiliari. Le radio a valvole più antiche (anteguerra) hanno spesso schemi semplici e relativamente facili da interpretare; quelle degli anni '55-'65 invece hanno spesso complicazioni circuitali che riflettono la maggiore sofisticazione tecnologica di quegli anni. Infine, le radio a transistor del tipo multibanda AM/FM possono raggiungere complicazioni tali da mettere in difficoltà anche un tecnico esperto, per cui credo che sia meglio cominciare osservando uno schema della fine degli anni '30. Prendiamo il modello "Bellini" della Carisch, il cui schema è raffigurato qua sotto. Si tratta di una supereterodina classica a 5 valvole, 4 gamme d'onda + ingresso "fono", alimentata da trasformatore con ingresso universale.

 

 

Proviamo a "pasticciare" un po' lo schema di qua sopra, separando i principali blocchi funzionali ed evidenziando i percorsi dei segnali e dei controlli:

 

 

Le linee nere tratteggiate separano i blocchi, il tratto serpeggiante blu segue il percorso del segnale, quello rosso marcato segue l'alimentazione anodica, ed infine quello rosso, sottile ed ondulato segue il percorso della tensione CAV (controllo automatico del volume), che va a ritroso dal rivelatore alle griglie delle valvole di alta e media frequenza. Una divisione così fatta, seppur grossolana, ci permette di notare subito come ciascun blocco, per quanto appaia molto complesso al suo interno, possieda poche connessioni con l'esterno, tutte abbastanza riconoscibili. Basta vedere le linee colorate che attraversano il confine tra i blocchi, sono due o tre al massimo e corrispondono appunto alle linee del segnale, dell'alimentazione e dei controlli.

Naturalmente, la suddivisione in blocchi appena vista è da considerare arbitraria e perfettamente modificabile separando ulteriormente alcuni blocchi logici facilmente individuabili, per esempio il gruppo AF di sintonia posto all'estrema sinistra, che ha come ingresso l'antenna e come uscita la griglia della valvola convertitrice, e così via. Anche ciascuno dei due trasformatori di media frequenza può essere considerato come un blocco a sé stante, specie se sospettiamo che possa essere sede di un guasto. Solo quando si prende dimestichezza e si impara a riconoscere le varie parti di un circuito, anche senza scendere in alcun dettaglio sul funzionamento, si può cominciare a "leggere" uno schema, ossia a trovare la corrispondenza tra componenti reali e simboli teorici.

 

Come leggere uno schema

Il primo passo è quello di fare un po' di esercizio, cercando di riconoscere con precisione tutti i componenti reali ed i rispettivi collegamenti di un circuito, possibilmente semplice, di cui possediamo sia lo schema teorico sia l'oggetto reale. Nel campo delle radio d'epoca, gli schemi più semplici e facili da seguire sono quelli dei primi anni '50, relativi ai ricevitori economici solo AM (onde medie e corte), per intenderci quelli con il mobile orizzontale in legno a linee arrotondate, con la scala parlante a destra, l'altoparlante a sinistra e tre o quattro manopole. In genere queste radio sono equipaggiate con cinque valvole oltre all'eventuale occhio magico.

Oltre alla radio smontata e allo schema occorre procurarsi anche un manuale che riporti i dati e le connessioni alle valvole, che spesso non sono indicate sugli schemi italiani. In mancanza di questo, è comunque facile procurarsi su Internet i dati e le connessioni agli zoccoli delle valvole che ci interessano. Ricordiamoci, a questo proposito, che le numerazioni dei piedini indicate sui manuali vanno sempre intese in senso orario guardando lo zoccolo da sotto (lato piedini. Il piedino numero 1 è quello che sta subito a destra del contrassegno, e questo dipende dal tipo di zoccolo: coincide con la chiave di inserzione per gli zoccoli octal e rimlock, e col piedino mancante per gli zoccoli noval e miniatura...

Procurato tutto il necessario, l'esercizio consiste nel cercare di individuare un punto sullo schema ed il suo corrispettivo nell'apparecchio reale; successivamente, sempre seguendo lo schema, individuare sul telaio tutti i componenti e le connessioni dirette che partono da quel punto. Questo esercizio va ripetuto con diversi punti e su diversi percorsi, per esempio per individuare tutti i componenti che portano la tensione anodica alle valvole, con tutti i condensatori di bypass (verso massa) eccetera. Non è il caso di spingere questo esercizio sulle zone troppo complesse, come per esempio il gruppo AF, che essendo basato su un commutatore rotante complica notevolmente la possibilità di riconoscimento visuale, ma dopo un po' di prove dovremmo essere in grado di individuare con facilità su quella radio il potenziometro del volume, i condensatori di accoppiamento eccetera. E' come imparare a trovare la strada in una città di cui abbiamo la mappa: con un certo impegno e un tantino di senso dell'orientamento dovrebbe essere possibile trovare la strada che ci interessa.

Il passo successivo è quello di utilizzare uno schema per individuare un componente guasto o illeggibile, che è appunto ciò che capita nella pratica reale delle riparazioni. Per far questo, prima di guardare lo schema bisognerebbe aver fatto tutti i ragionamenti e le misure possibili che portino a individuare se non altro la zona probabile del guasto, cosa per la quale rimando ad altre pagine di questo sito o ad altre pubblicazioni, manuali eccetera. Il guasto può sempre essere ricondotto ad una valvola e ai suoi circuiti ausiliari, per esempio il triodo preamplificatore di bassa frequenza, con la sua resistenza di carico ed il condensatore di accoppiamento verso la finale, la resistenza di polarizzazione di griglia ed il potenziometro del volume. Se sospettiamo che il guasto sia in quella zona, dobbiamo cercare sullo schema solo gli elementi di interesse, che sono i tre o quattro che ho elencato, e concentrare su quelli le nostre misure, sia a freddo che sotto tensione. Se agiamo in questo modo, è probabile che riusciamo a trovare il componente difettoso quasi a colpo sicuro, risparmiando tempo e soprattutto sostituzioni inutili di componenti ancora buoni.

 

Conclusioni

Spero che la guida esposta fin qui, pur non essendo assolutamente completa, possa servire almeno da orientamento per chi desidera avviarsi verso la pratica del restauro e della riparazione "consapevole" dei propri ricevitori d'epoca. Si tratta di una strada un po' complessa che richiede molto studio e un uso intenso del cervello prima che del saldatore, ma c'è da chiedersi che gusto ci sia a riparare qualcosa, come fanno molti, sostituendo componenti e valvole a caso finché non ricomincia a funzionare. Meglio fare un'ipotesi seguendo lo schema, metterla alla prova sul circuito reale anche solo per scoprire che era sbagliata, ricominciare a ragionare sullo schema per studiare una nuova ipotesi, e così via...

 

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