Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics Il Segnale Orario della Rai Ovvero: la fine della Radio (e della TV) che unisce la Nazione - di L. Mureddu
Recentemente un lettore (Giovanni, di cui non conosco il cognome ma che ringrazio per il contributo), mi ha inviato il link a un annuncio diffuso dalla stampa: la Rai cesserà di trasmettere il segnale orario. Giovanni mi ha anche mandato il piccolo file audio dello stesso segnale. Mi permetto di aggiungere alcune considerazioni sull'argomento. Una delle funzioni unificatrici della Radio, fin dai primi anni, fu quella della diffusione dell’ora esatta. Ogni Nazione adottò un proprio codice che divenne familiare ai milioni di ascoltatori. Mio padre stava in piedi davanti all’apparecchio, orologio in mano e orecchio teso ad ascoltare il ritmo dei secondi scanditi, cinque, poi la pausa e infine quello dello “zero”, ascoltava la garbata voce femminile che annunciava ore e minuti, infine aggiustava l’ora e usciva per andare al lavoro. Tutti i giorni. Tanti altri come lui, nello stesso istante, anche a mille chilometri avevano effettuato la stessa operazione e si muovevano in perfetta sincronia verso uffici, scuole, fabbriche. Il segnale orario era trasmesso dall’Istituto Elettrotecnico Nazionale “Galileo Ferraris” di Torino (IEN, oggi INRIM), mediante sistemi che via via si aggiornavano, ed arrivava alla Rai di Roma via cavo coassiale. Da lì veniva incorporato nel segnale radio e trasmesso, alle varie ore sulle varie reti in onde medie o in FM. Considerando la propagazione delle onde elettromagnetiche, e tutti gli eventuali ritardi elettronici dei ponti radio, dei traslatori di frequenza e dei ripetitori, si può dire che il ritardo massimo accumulato fosse impercettibile per l’orecchio umano, pochi millesimi di secondo tra luogo e luogo. Insomma, il capostazione di Vigevano poteva star certo che il suo omologo di Potenza aveva l’orologio perfettamente sincronizzato col suo, grazie alle onde radio. Questo, in Italia, dal dopoguerra fino alla fine degli anni ’70. Nel 1979 ci fu un salto tecnologico. Lo ricordo bene, essendo uno dei partecipanti al Congresso Internazionale di Cronometria (Ginevra 1978). Un gruppo di ingegneri dell’IEN annunciò l'introduzione in Italia di un “preambolo” digitale che avrebbe permesso a degli appositi radio-orologi di sincronizzarsi aggiustando ore, minuti, secondi, data e anche ora legale in base alle informazioni codificate in un treno di bit: un piccolo “trillo” che precedeva la normale sequenza del segnale orario. Raccontai la cosa a mio padre, e lui fu molto orgoglioso la prima volta che ascoltò quel trillo, di sapere che si trattava di un codice digitale e non di uno stupido cinguettio. Naturalmente lui continuò ad aggiustarsi l’orologio a mano, ma le stazioni ferroviarie, le reti del metrò, le banche e molte aziende adottarono il sistema automatico basato sul codice "SRC" (vedi figura sotto). Anche in altre nazioni erano stati introdotti sistemi di sincronizzazione remota via radio, spesso su onda lunga, e infatti anche in Italia si diffusero degli orologi da tavolo in grado di ricevere il segnale DCF77 (tedesco) che trasmetteva sui 77,5kHz. Questi orologi si sincronizzavano da soli. Bastava inserire la pila, aspettare qualche minuto che acquisissero il segnale e segnavano sempre l’ora esatta. Tutto questo avveniva prima dell’avvento di Internet: la Radio (e la Televisione) univano l’Italia non solo nello spazio ma anche nel tempo: tutti a guardare la stessa partita allo stesso stadio nel medesimo istante, millisecondo più, millisecondo meno... E ora? Ora, in un periodo di cultura “liquida” (aggettivo molto di moda in questi anni ’10), anche il tempo si è un po’ liquefatto. Quanti di noi, per esempio, ascoltano la radio in streaming? Avete mai provato ad ascoltare simultaneamente la stessa trasmissione radio o tv via etere e via web? o da satellite? Provate: vi accorgerete che il goal che vi fa saltare sulla poltrona davanti al megaschermo di Sky è stato già segnato un intero secondo fa nel piccolo tv di cucina collegato al digitale terrestre, e verrà trasmesso tra qualche secondo, se va bene, nello smartphone di vostro figlio che la partita se la guarda in streaming. Tutto ciò, ovviamente, senza parlare dei servizi Rai-play, podcast e simili, coi quali ognuno guarda quello che vuole all'ora che vuole... E come la mettiamo allora col segnale orario e col trillo di sincronizzazione? Questa è una cosa che mi chiedevo da tempo, da ex addetto ai lavori (anni fa ho lavorato nei laboratori degli orologi atomici). Oggi esistono altri mezzi per sincronizzare gli orologi, e quel trillo a seconda della strada che ha fatto potrebbe essere fuorviante. Meglio levarlo. Meglio levare anche il pomposo “segnale orario” e lasciare un più vago annuncio umano senza alcun bip: un semplice “sono le dodici e trenta”, secondo più secondo meno. Tanto per noi umani va bene così, per le macchine esiste tutto un mondo di comunicazioni bidirezionali che le tengono tutte insieme legate da un Tempo precisissimo e sempre perfettamente aggiornato, che in fondo a noi non interessa. L’annuncio è arrivato a fine 2016: "è ufficiale, il segnale orario verrà abolito dal 1 gennaio 2017". Lo hanno riportato tutti i giornali online. Ma finora, e siamo quasi a metà di gennaio, vedo che il trillo e i sei bip resistono, almeno su Radio1 e Radio3, mentre su Radio2 già da tempo avevano adottato un sistema più fantasioso. Lasciamogli il tempo di organizzarsi. Ed ecco il vecchio segnale orario col suo allegro trillo digitale, che forse non sentiremo più: |