Trasmettitore AM - Le radio di Sophie - AM Transmitter Efficienza di un'antenna a filo(per una trasmittente personale ad onde medie)
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La fase più delicata (e spesso misteriosa) di un a trasmissione radio è quella in cui si affida il proprio segnale, opportunamente generato e modulato, mediante una linea di trasmissione all'antenna trasmittente, l'elemento che trasforma correnti e tensioni (potenza elettrica) in potenza irradiata (campo elettromagnetico). Le considerazioni che seguono sono parzialmente tratte dalla pagina già citata di D. Jefferies, alla quale rimando per una trattazione più completa. Altre fonti ricche di informazioni, formule e esempi sono i libri seguenti, acquistabili presso la Sandit:
Questa pagina tratta esclusivamente delle antenne adatte per la trasmissione in onde medie, ossia per lunghezze d'onda comprese tra i 200 e i 500 metri (circa). A queste lunghezze d'onda è praticamente impossibile realizzare dei veri e propri dipoli, data la lunghezza richiesta, e si ricorre in genere alle antenne filari, ossia quelle costituita da uno spezzone di filo disteso in qualche modo, e a quelle a stilo, costituite da una barra conduttrice verticale. Quando si parla di antenne e di linee di trasmissione, occorre ragionare in termini di circuiti a "costanti distribuite", ossia circuiti che possiedono induttanze, capacità e resistenze proprie pur non essendo costituiti da vere e proprie induttanze, resistenze e condensatori. In questo senso un'antenna può essere paragonata ad un circuito risonante LC, dotato di una frequenza propria di risonanza e di una resistenza. Lo stesso avviene per una linea di trasmissione. Il massimo trasferimento di energia tra generatore e carico si ha, come è risaputo anche per altri campi dell'elettronica, quando le impedenze sono uguali. In questo caso la catena è costituita da tre elementi: trasmettitore -> linea di trasmissione -> antenna. Nel caso di adattamento perfetto la linea e l'antenna vengono "viste" dal trasmettitore come se fossero una semplice resistenza elettrica che assorbe tutta la potenza fornita; viceversa nel caso di parziale disadattamento presentano un'impedenza "complessa", ossia producono uno sfasamento tra corrente e tensione, e provocano una parziale riflessione del segnale, che in parte viene irradiato, in parte viene dissipato lungo la linea, in parte viene reintrodotto nel trasmettitore dove viene dissipato in calore. La condizione migliore si ha quando l'antenna è accordata sul segnale da trasmettere, ossia possiede dimensioni tali da "risuonare" alla frequenza che viene trasmessa. In questo caso l'impedenza diventa puramente resistiva, e questa resistenza (detta resistenza di radiazione) assume il suo valore massimo. La resistenza di radiazione è il parametro che definisce l'efficienza di un'antenna.
L'immagine qua sopra mostra la situazione ideale, descritta in tanti libri, nella quale una lunga antenna viene distesa nello spazio libero tra il tetto di una palazzina isolata e un apposito palo (o albero). Un'antenna di questa lunghezza è in genere fuori portata per il costruttore dilettante. Molto probabilmente si cercherà di far lavorare il trasmettitore con un pezzo di filo lungo qualche metro, quindi cento volte più corto della lunghezza d'onda. Questo filo sarà collegato al trasmettitore mediante una qualche linea di trasmissione, che nella forma più semplice è un semplice prolungamento del filo stesso. Il problema è, con un filo così corto, riuscire ugualmente ad avere una buona resistenza di radiazione, ossia riuscire a trasferire all'antenna la massima potenza possibile. Campo vicino e campo distante Tornando al discorso dell'adattamento di impedenze, abbiamo visto che un'antenna perfettamente accordata si comporta come un carico puramente resistivo e dunque irradia quasi tutta l'energia che riceve. Se invece l'antenna non è accordata, la sua impedenza sarà costituita da una reattanza ed una resistenza combinate in qualche modo. Vi è quindi una divisione dell'energia trasmessa all'antenna, tra il carico reattivo e quello resistivo. L'energia trasmessa al carico reattivo viene in qualche modo immagazzinata in quello che viene definito il campo vicino dell'antenna, per poter essere nuovamente ceduta al sistema in modo ciclico. L'energia trasmessa al carico resistivo viene parzialmente trasformata in calore nell'antenna stessa, ma principalmente viene irradiata sotto forma di onde elettromagnetiche, che formano il campo distante, ossia quello che si propaga. Il campo vicino ad un'antenna è dunque quella parte di spazio nel quale prevalgono l'induzione elettromagnetica e la capacità elettrostatica. I corpi conduttori presenti in questo campo possono essere sede di correnti e tensioni indotte, e possono influenzare il comportamento dell'antenna. Il campo distante è invece tutto lo spazio in cui avviene la trasmissione di onde elettromagnetiche irradiate dall'antenna; un qualunque corpo conduttore presente nel campo distante non può influenzare il comportamento dell'antenna, né essere sede di tensioni o correnti indotte. Resistenza di radiazione A questo punto bisognerebbe introdurre alcuni concetti ed alcune formule matematiche, allo scopo di calcolare teoricamente le grandezze che abbiamo appena introdotto in funzione della forma e delle dimensioni di un'antenna. Queste formule sono esaminate nelle fonti già citate. Ci basti sapere che, per esempio, per un dipolo sottile a mezz'onda si ottiene per la resistenza di radiazione un valore di circa 73 ohm con una componente reattiva molto piccola, dell'ordine di qualche decimo di ohm, dipendente dal diametro del filo usato. Per avere il massimo trasferimento di energia basterà dunque alimentare l'antenna con una linea di trasmissione con impedenza caratteristica di 73 ohm, partendo da un trasmettitore che abbia un'impedenza d'uscita di 73 ohm. Questo spiega come mai si adotti in modo standard il cavo coassiale a 75 ohm per il collegamento delle antenne, anche quelle televisive. Infatti in questo caso si tratta di dipoli a mezz'onda, e 75 ohm non è molto distante da 73. In altri casi occorre effettuare un adattamento di impedenza. Efficienza di un'antenna filare Per valutare l'effetto della lunghezza dell'antenna sulla potenza irradiata si può fare ricorso all'analisi del contributo elementare che ogni piccolo tratto di antenna, con la sua corrente, fornisce in un qualunque punto del campo distante. Infatti l'energia irradiata dipende dall'accelerazione delle cariche che si muovono lungo il filo dell'antenna, e quindi dalla variazione della corrente in ogni singola sezione del filo. Basandoci semplicemente su questa analisi qualitativa, si può immaginare che su un'antenna lunga abbastanza da ospitare almeno un quarto d'onda si possa formare tra le due estremità il necessario gradiente di corrente, che con le sue variazioni cicliche permette la massima radiazione. Se l'antenna è tanto corta da non poter ospitare neppure una frazione significativa della lunghezza d'onda, la corrente sarà uniformemente decrescente e si annullerà all'estremità libera. Sempre restando in ambito puramente qualitativo, è lecito pensare che l'intensità del campo in un punto sufficientemente distante possa in qualche modo essere proporzionale al rapporto tra la lunghezza dell'antenna e la lunghezza d'onda del segnale irradiato. La potenza in ciascun punto dello spazio è proporzionale al quadrato dell'intensità del campo elettrico, e di conseguenza risulterà proporzionale al quadrato della lunghezza dell'antenna. Andando a ritroso con questo ragionamento, possiamo tornare al parametro iniziale, ossia la resistenza di radiazione, legandola anch'essa alla lunghezza dell'antenna secondo una legge quadratica. Dunque, l'efficienza di un'antenna diminuisce secondo il quadrato della sua lunghezza. Nei libri di testo viene data la seguente formula, che serve per calcolare la resistenza di radiazione di un'antenna a filo:
dove L è la lunghezza dell'antenna, lambda la lunghezza d'onda del segnale irradiato e K una costante minore di 1 che dipende dalla particolare configurazione. In base alla formula, e considerando un valore di K pari a 1/4 si può comporre la seguente tabella:
Alla lunghezza d'onda di 300metri (1MHz), se costruiamo un'antenna verticale lunga 15 metri (1/20 di lambda), la sua resistenza di radiazione in condizioni ottimali sarà pari a 0,5 ohm. Se confrontiamo questo valore con quello ottimale di 73 ohm ci rendiamo conto di quale frazione del segnale generato venga effettivamente irradiata dalla nostra antenna. Per esempio, con 1W di potenza "in antenna" la frazione veramente irradiata sarà pari a 0,5/73 = 6,8mW. Antenne caricate Come abbiamo visto sopra l'impedenza dell'antenna è costituita dalla combinazione della resistenza, di cui abbiamo appena parlato, e di una reattanza, dovuta all'induttanza e alla capacità distribuite. In un'antenna corta prevale l'effetto capacitivo, il che dà luogo ad una reattanza negativa. In altre parole l'antenna viene vista come un condensatore di capacità tanto minore quanto più corta è l'antenna stessa. Anche per questa ragione le antenne corte sono poco efficienti, in quanto presentano un cattivo adattamento con la linea di trasmissione. A questo inconveniente si può parzialmente ovviare neutralizzando la capacità distribuita mediante l'aggiunta di un'induttanza ad un'estremità dell'antenna stessa. Il valore dell'induttanza andrà scelto in modo da ottenere la perfetta risonanza dell'antenna alla frequenza trasmessa, ossia introducendo una reattanza induttiva (positiva) identica in valore ma di segno opposto rispetto alla reattanza capacitiva. Su questo principio sono basate le ben note antenne "caricate", per esempio quelle utilizzate per gli apparecchi ricetrasmittenti delle auto, operanti nella banda degli 11 metri (CB). In questo modo il trasmettitore "vede" l'antenna come se fosse un carico resistivo ideale, e viene scongiurato l'effetto dannoso dell'instaurarsi di riflessioni multiple del segnale lungo la linea di trasmissione. Questa tecnica, pur offrendo una soluzione al problema dell'adattamento, non migliora l'efficienza di un'antenna corta, e presenta lo svantaggio ulteriore di restringere eccessivamente la banda passante dell'antenna, e di renderla prona a problemi di desintonizzazione derivanti dalla presenza di oggetti nel campo vicino. Conclusioni In questa pagina sono stati introdotti alcuni concetti fondamentali per lo studio delle antenne trasmittenti. Tra questi, l'impedenza caratteristica e la resistenza di radiazione rivestono una particolare importanza nello studio dell'efficienza di un'antenna. Si può concludere che una comune antenna filare, lunga molto meno della lunghezza d'onda, nelle migliori condizioni avrà una resistenza di radiazione di qualche frazione di ohm, e quindi sarà in grado di irradiare una potenza pari a una minima frazione della potenza generata.
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