Tecnica - Le Radio di Sophie - Technics

2024: anno degli anniversari

A distanza di 100 anni dalle prime trasmissioni circolari cosa resta - di L. Mureddu

Parlando di conquiste tecnologiche, da quando son nato a oggi ho visto nascere tante cose. Anche mio padre, nato nel 1921, vide arrivare tantissime novità tecnologiche, tra cui tutti gli elettrodomestici della casa. Ovviamente lo stesso era capitato a suo padre, un uomo dell'Ottocento nato tra le carrozze a cavalli e le lampade a petrolio. Però forse né mio padre, né mio nonno ne videro morire tante quanto sta toccando alla nostra generazione.

Pensiamo alla lampadina di Edison, col filamento incandescente. Non si trova più nei negozi. E neppure i tubi al neon, prodigiosa novità della metà del '900. È difficile anche trovare una macchina fotografica con rullino, di quelli che andavano sviluppati, e anche la sorprendente Polaroid a sviluppo istantaneo ha chiuso i battenti da tempo. Poi c'è il nastro magnetico, il videoregistratore, il disco a 45 giri. Le collezioni di audiocassette son finite in cantina, ben conservate dentro cassette di legno a valigetta, ma non c'è più un apparecchio con cui si possano sentire. Per non parlare degli Stereo-8 che si ascoltavano in auto. Si salva il microsolco a 33 giri, perché qualcuno ama il suono analogico del "vinile". Lo stesso compact disc trascina una vita di nostalgie, insieme al favoloso dvd, che pochi ormai saprebbero dove inserire. È morta anche la valvola elettronica, prodigio del '900, e il transistor non fa più parte delle nostre vite, anche se si trova in milioni di esemplari dentro i nostri dispositivi. Lo stesso telefono ha cambiato completamente estetica e funzioni. Ho visto dei ragazzi, davanti a un telefono a disco combinatore, che non avevano idea di come si potesse comporre un numero. Lo stesso è capitato alla televisione analogica, soppiantata dalla smart tv digitale, di uso e fruizione completamente diversi. Qualcuno ricorda ancora la filodiffusione che suonava nel salone del parrucchiere, sintonizzata fissa sul programma di musica leggera. E che dire della macchina per scrivere, della calcolatrice elettronica, oggetto prodigioso degli anni '70 ormai incorporato come funzione secondaria in qualsiasi telefono.  Tutto questo materiale, ormai, serve solo ad alimentare i musei e le riviste dei nostalgici. Insieme alla Radio.

Qualche altra cosa, che invece ero certo che avrei visto morire, resiste impavida. Per esempio i motori diesel, che quando ero piccolo facevano girare le impastatrici di cemento della ricostruzione. Facevano un gran fumo nero qualdo venivano messi in moto. Pensavo: questa roba puzzolente verrà spazzata via dal progresso, tra breve sarà tutto elettrico, anche le automobili. Invece i diesel più o meno puzzolenti sono ancora qui a movimentare cantieri e passeggeri. Resistono anche i fornelli a gas, roba dell'ottocento, che richiedono trasporto di bombole o costose tubazioni. E in più inquinano le case e sono pericolosi. C'è ancora gente che li usa pensando che quella sia la cucina naturale, da contrapporre a quella artificiale dei fornelli a induzione o dei forni a microonde, probabilmente nocivi.

Ma basta divagare: veniamo agli anniversari del 2024. Il primo è stato quello delle trasmissioni televisive della Rai (gennaio 1954). Settant'anni di televisione. Se ne è parlato parecchio a inizio anno, ma in definitiva la cosa non ha interessato nessuno. Mi sarebbe piaciuto assistere a qualche trasmissione non troppo superficiale e puramente commemorativa, come quelle che ho visto. Per esempio che parlasse di come la TV ha unito l'Italia per tutta la seconda metà del '900, creando un linguaggio unico basato sull'ascolto contemporaneo dello stesso programma da parte di milioni di persone, cosa che adesso fa solo Sanremo per cinque giorni all'anno, e forse qualche partita di calcio. Allora era così tutti i giorni, per tutte le trasmissioni compresa la pubblicità e le previsioni del tempo. Si era creato un lessico famigliare televisivo che tutti sapevano decodificare, condito da jingle che tutti sapevano canticchiare, e personaggi - anche concorrenti di quiz - che tutti conoscevano. Io che da adolescente non avevo il televisore in casa mi sentivo tagliato fuori dalla cultura, anzi, dalla vita. Se volevi capire il mondo dovevi guardare la televisione. Secondo me è quella la televisione di cui si celebra l'anniversario quest'anno, ed è ormai defunta, trasformata in un genere di consumo sempre più personale e sempre meno servizio pubblico. Lo dico senza alcuna nostalgia o rimpianto.

Gli altri due anniversari riguardano entrambi la radio. L'inizio delle trasmissioni dell'Unione Radiofonica Italiana (URI), diventata poi Ente Italiano Audizioni Radiofoniche (EIAR) e infine RAI, avvenne nell'ottobre del 1924. In realtà era ben poca roba: un trasmettitore da 1KW sui 425m a Roma, che copriva a malapena l'Italia centrale ma ci volevano dei bei ricevitori per sentire qualcosa a Napoli. Era più facile sintonizzarsi sui concerti londinesi o parigini che viaggiavano con potenze ben maggiori. Poi nel 1925 verrà acceso anche il trasmettitore di Milano, così anche il Nord potrà ricevere i discorsi del Duce grazie a un collegamento audio via cavo tra Roma e Milano per sincronizzare le due stazioni. Il resto è storia nota. Per me, ragazzino curioso degli anni '60, la radio era soprattutto galena, autocostruzione, sentire qualcosa con pochi mezzi, passare il tempo ad avvolgere bobine e a stendere antenne sempre più ardite tra alberi e palazzi. Il resto era il grosso ricevitore del tinello dalla voce tonante, che scandiva le cronache del calcio domenicale e i radiogiornali del mattino, completi di previsioni del tempo e oroscopi. Di questa radio forse ho un po' di rimpianto, devo ammetterlo. Anche perché è stata brutalmente soppressa dalla sua stessa madre, almeno in Italia. Questioni di "ottimizzazione del servizio". Bon.

E infine, un anniversario a me molto caro, perché riguarda praticamente la mia vita: quello della radio a transistor, commercializzata per la prima volta negli Usa nel dicembre 1954, quindi nuovamente (come la tv), settant'anni fa. In Italia arriverà qualche anno dopo, giusto in tempo per me, ragazzino curioso come ho detto, per cominciare a frugarci dentro fin dai primi modelli Voxson o Geloso. Di questo ho già parlato in un altro articoletto e non voglio ripetermi. Son passati ormai vent'anni anche da un altro importante anniversario della radio a transistor, quello dei cinquant'anni che abbiamo degnamente celebrato su questo sito con un articolo e con un libro. Come vedete sono un po' fissato.

La maggior parte delle radio d'epoca, che siano a valvole o a transistor, sono ormai inutilizzabili grazie all'ottimizzazione del servizio di mamma Rai, e restano come oggetti inanimati più o meno belli a testimoniare un passato ormai incomprensibile e irragiungibile per le nuove generazioni. Ho visto scolaresche passare davanti ai vecchi cimeli di una mia esposizione senza degnarli di uno sguardo, e mi sento di capire questi ragazzi. Quale emozione possono mai offrire questi parallelepipedi di legno o di plastica, così come tutte le altre cose che ho indicato sopra (telefoni meccanici, macchine per scrivere etc.), se non sono collegate a un ricordo pratico? È un po' come vedere gli utensili dell'uomo della pietra (punte di lancia, pettini d'osso, lampade a olio...) o gli attrezzi del maniscalco e sentirsi raccontare dall'esperto di turno cosa ci si poteva fare: niente di speciale in verità. La radio a cosa serviva? ad ascoltare la radio. Il telefono? a telefonare. Il mangiadischi? ad ascoltare musica. Tutte cose che oggi possiamo fare in modo molto più efficiente con un piccolo oggetto - quello sì, meraviglioso! - che teniamo in tasca.

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