Tecnica - Le Radio di Sophie - TechnicsParliamo di Rivelatori
Confronto tra alcuni dispositivi
Gran parte della sensibilità di un ricevitore a cristallo dipende, si sa, dal rivelatore. Negli anni d'oro della radio a galena gli sperimentatori provarono tanti diversi dispositivi di rivelazione, tra i quali alla fine trionfò il cristallo di galena. In seguito, con l'avvento dei diodi al germanio "a punta di contatto", anche la galena fu soppiantata dal piccolo diodo, più comodo, sicuro e ugualmente sensibile. Ma cos'è che determina la superiorità di un rivelatore rispetto a un altro? E perché certi diodi non possono essere usati come rivelatori? Vediamo brevemente in questa pagina come dovrebbe essere un rivelatore perfetto, come è in realtà e in che modo scegliere il migliore tra i tanti sistemi disponibili.
La rivelazione dei segnali AMI segnali radio modulati in ampiezza sono costituiti da due parti: un segnale a radiofrequenza (RF) la cui ampiezza varia nel tempo, ossia è modulata secondo le variazioni del segnale di bassa frequenza (BF). Questo concetto è già stato trattato in altre parti di questo stesso sito (vedi per esempio gli elementi fondamentali dei ricevitori a cristallo), quindi non mi dilungherò oltre. La rivelazione consiste nel separare il segnale BF dalla portante RF, e questo si fa mediante la rettificazione del segnale RF e successivo filtraggio. Dunque, l'elemento che provvede alla rivelazione non è altro che un rettificatore, ossia un dispositivo che lascia passare la corrente in un solo senso. Idealmente, quindi, la rivelazione potrebbe essere descritta dal seguente schizzo:
Quindi, il compito del rivelatore è quello di "tagliare a metà" in senso longitudinale il segnale d'ingresso, e poi eliminare la parte ad alta frequenza riproducendo un inviluppo fedele della modulazione, ossia il segnale BF. Ora, diciamo subito che un dispositivo in grado di tagliare a metà con precisione un segnale non esiste, e forse non esisterà mai. Esistono invece tanti dispositivi che si avvicinano in qualche modo al comportamento ideale. Rivelatore ideale e diodi realiVediamo quali dovrebbero essere le caratteristiche di un rivelatore ideale:
Con simili caratteristiche, il segnale rivelato sarebbe una copia esatta dell'inviluppo di modulazione della potante, e la sua ampiezza dipenderebbe solo dalla resistenza del carico applicato (per esempio dalla cuffia). I primi due punti dell'elenco sono responsabili dell'efficienza del rivelatore; il n. 3 è responsabile della sensibilità, gli ultimi due sono invece responsabili della risposta in frequenza, ossia del comportamento del rivelatore a frequenze elevate.
La figura di qua sopra mostra il confronto tra un diodo ideale (in grigio) ed un diodo reale per quanto riguarda le caratteristiche "statiche", ossia quelle relative ai punti 1, 2 e 3. Sono evidenziati gli effetti della resistenza diretta, della conduzione inversa e della soglia di conduzione. L'effetto della conduzione inversa è quello di lasciar passare una certa percentuale di segnale RF non rivelato, il che riduce l'efficienza del sistema. Anche la resistenza diretta, essendo in serie al carico, tende a ridurre l'efficienza del sistema, in quanto provoca una certa dissipazione d'energia all'interno del diodo stesso (ogni resistenza trasforma l'energia elettrica in calore). Ma più di tutto si nota l'effetto della soglia di conduzione: segnali troppo deboli non vengono rivelati, e comunque il valore della soglia viene sottratto da tutti i segnali rivelati. Ecco perché la soglia di conduzione è responsabile della sensibilità del rivelatore. Ai tempi dei pionieri della radio, gran parte della sperimentazione consisteva nella ricerca dei cristalli più sensibili, ed alla fine la galena si impose come il migliore, avendo in certi casi una soglia di conduzione inferiore a 0.1V. Niente male, se la confrontiamo con un moderno diodo al silicio, che ha una soglia di 0.7V! Quando poi si passa dalle caratteristiche statiche a quelle dinamiche, allora le cose si fanno un tantino più complesse, perché occorre tener conto esplicitamente degli elementi "parassiti" e di altri fenomeni che degradano il funzionamento di un rivelatore. La figura qui a fianco può servire a dare un'idea di come potrebbe apparire un rivelatore reale, una volta che potessimo scomporlo nelle varie componenti. Ho tralasciato di inserire l'induttanza parassita, che per i nostri scopi possiamo trascurare, mentre ho disegnato la capacità parassita, il cui effetto dipende dalla frequenza del segnale, ma in certi casi è sensibile già alle normali frequenze delle onde medie, per diventare intollerabile nelle bande delle onde corte. I circuiti del tipo che ho rappresentato bisogna imparare un po' a leggerli, per evitare di farsi prendere dallo sconforto ogni volta che si maneggia un diodo. E dal momento che le grandezze parassite non possono mai essere eliminate del tutto, bisogna imparare a conviverci, magari sfruttandole a proprio vantaggio. Un altro elemento, difficile da rappresentare ma ugualmente presente, è la cosiddetta "rumorosità" del rivelatore. Questa è dovuta a fenomeni fisici intimamente legati al processo di rettificazione, e si avverte come un fruscio più o meno accentuato che accompagna i deboli segnali rivelati. Anche questo effetto in fin dei conti limita la sensibilità del ricevitore, in quanto se il fruscio è molto forte può arrivare a mascherare del tutto un segnale al di sotto di una certa soglia.
Confronto tra vari dispositiviIl glorioso rivelatore a "baffo di gatto" dei nostri nonni (o bisnonni), era tutto sommato un buon rivelatore, e costituisce un buon compromesso tra le varie caratteristiche ideali. Il suo punto di forza sta nel fatto che è un rivelatore a "punta di contatto", il che assicura una bassa capacità parassita. Il suo più agguerrito antagonista, ossia il rivelatore a carborundum, era costituito con due dischetti di acciaio con in mezzo il cristallo. La sua capacità lo rendeva adatto quasi esclusivamente per le onde lunghe, ed infatti sparì ben presto dalla circolazione. I punti deboli della galena sono la bassa resistenza inversa e la rumorosità, mentre, come già abbiamo visto, la soglia di conduzione è bassa. Anche la resistenza diretta è bassa, sufficiente a pilotare le comuni cuffie da 4000 ohm.
Il diodo a vuoto, ossia l'erede della valvola di Fleming, è stato usato come rivelatore nella maggior parte delle radio a valvole "classiche", ossia le supereterodina a 5 valvole dal 1933 (circa) in avanti. Non fu mai usato in sostituzione del cristallo nelle radio a galena, perché, pur avendo una soglia di conduzione praticamente nulla, ha tuttavia una resistenza diretta molto elevata, e quindi offre un rendimento basso.
Il diodo al germanio a "punta di contatto" è senza dubbio il principe dei rivelatori per radio a cristallo: bassa soglia di conduzione (0.2V o meno, fino a 0.05V), piccolissima capacità parassita (pochi pF), bassa resistenza diretta. Un punto debole è una resistenza inversa piuttosto bassa, che tende ad abbassare il rendimento specie con segnali forti. Inoltre, alcuni diodi hanno un rumore non trascurabile, ed a parità di marca e tipo le caratteristiche non sono costanti.
Il diodo al silicio, attualmente il più diffuso tra i dispositivi elettronici di rettificazione, purtroppo non è adatto ad essere usato come rivelatore nelle radio a cristallo, soprattutto a causa dell'elevata soglia di conduzione (0.6V o maggiore). Esiste un'unica eccezione, costituita dai moderni diodi "a barriera" Schottky, (es. BAT46 della SGS-Thomson), che offre una soglia di appena 0.3V. Come contropartita, però, questi diodi hanno una capacità di giunzione di una decina di pF, che limita il rendimento già alle frequenze delle onde medie, ma sono molto meno rumorosi dei diodi al germanio.
La tabella di qui sopra ci può guidare nella scelta del rivelatore più adatto per le nostre esigenze. Per esempio, non c'è dubbio che in presenza di segnali molto forti, già amplificati, oppure di sistemi "polarizzati", il miglior rivelatore è costituito da un diodo al silicio possibilmente rapido, come il diffusissimo 1N914, o ancora meglio il diodo Schottky 1N5751 che offre una minore resistenza diretta ed una bassissima capacità, mentre il diodo al germanio a punta di contatto OA90, o il suo equivalente americano 1N34, saranno i sostituti più adatti del rivelatore a galena nelle applicazioni classiche.
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