La Tecnica - Le Radio di Sophie

Come funziona un Ricevitore Supereterodina

Il Segnale Radio

La trasmissione radio si basa sulla propagazione di onde elettromagnetiche, una meravigliosa combinazione di campi elettrici e magnetici che permettono di trasferire energia da un punto all'altro dello spazio senza alcun supporto o collegamento. Sono onde elettromagnetiche anche la luce, i raggi X, gli infrarossi, gli ultravioletti, le microonde eccetera. Ciò che cambia è la frequenza, ossia il numero di oscillazioni al secondo del segnale. Le onde radio hanno una frequenza compresa tra poche decine di kilohertz (onde lunghissime) e alcune centinaia di gigahertz (onde millimetriche). Un campo estesissimo, che è diviso in settori (bande), la maggior parte delle quali sono utilizzate dall'uomo per le sue molteplici attività di comunicazione (telefonia, ponti radio, radioastronomia, TV, satelliti, controlli, navigazione, militari, ...). Alcune bande sono dedicate alla trasmissione radio "circolare" (broadcast). Un comune apparecchio radio può ricevere almeno una banda tra le due seguenti : le onde medie (trasmissioni in AM) e le onde ultracorte (trasmissioni in FM). Altri apparecchi più sofisticati possono ricevere anche una o più bande di onde corte e cortissime, o anche le onde lunghe. Tutte queste sono in AM.

Ma cosa vuol dire AM e FM? E' una diversa tecnica di modulazione, ossia di codifica del segnale radio. Le informazioni, cioè le voci e i suoni dei programmi radio (il segnale audio), vengono trasportati dalle onde radio proprio grazie alla modulazione, che è una variazione nel tempo del segnale radio secondo le variazioni del segnale audio. Si può variare l'ampiezza del segnale trasmesso, ed in questo caso si ha la Modulazione di Ampiezza (AM), oppure si può variare la frequenza del segnale, e in questo caso si parla di Modulazione di Frequenza (FM). Le onde lunghe, medie e corte si prestano bene ad essere modulate in ampiezza, mentre le onde ultracorte si prestano bene ad essere modulate in frequenza.

Dunque, qualunque sia la frequenza usata ed il metodo di modulazione, sull'antenna di un ricevitore si presenta un segnale costituito da un'onda a radiofrequenza (onda portante) modulata col segnale audio. Il compito del ricevitore sarà quello di selezionare il segnale desiderato tra i tanti presenti in antenna, amplificarlo adeguatamente e quindi estrarre il segnale audio per l'ascolto. Le parole chiave di questo processo sono tre: sintonia, amplificazione e rivelazione.

La storia in 10 righe

Quando Marconi cominciò i suoi esperimenti, l'etere era tutto a sua disposizione: nessuno trasmetteva su nessuna banda. C'erano soltanto gli eventi elettrici atmosferici ed i disturbi provenienti dalle attività umane (motori, scintille...). Dopo pochissimi anni tutti trasmettevano con potenze mostruose su tutte le frequenze, e fu chiaro che serviva una regolamentazione per evitare la paralisi dovuta al sovraffollamento delle bande radio. Si stabilirono le regole internazionali, si assegnarono le bande di frequenza e si limitarono le potenze dei trasmettitori. Al tempo stesso fu necessario migliorare i ricevitori, rendendoli più selettivi e sensibili. I primi ricevitori erano completamente passivi, (vedi le radio a cristallo). Poi vennero i primi ricevitori a valvole, in cui il segnale radio veniva amplificato prima della rivelazione; negli anni '20 questi ricevitori divennero sempre più complessi, nel tentativo di aumentare la selettività. L'apparecchio radio somigliava sempre più ad uno strumento scientifico di difficile uso, e adottava soluzioni di vario genere e dai risultati alterni (reazione, reflex, neutrodina, ...). Infine arrivò la supereterodina e da allora il ricevitore radio divenne l'apparecchio familiare, efficiente e facile da usare che noi tutti conosciamo.

L'idea

L'idea che portò alla supereterodina fu sviluppata nel 1917 da Levy in Francia e successivamente da Armstrong in America. Come in molti casi del genere, questa duplice paternità ebbe un seguito di battaglie e polemiche mai completamente sopite. Vi fu anche una questione legata ai brevetti, per cui questa trovata geniale tardò ad affermarsi più di quanto fosse naturale pensare (questa vicenda è descritta un po' meglio nell'opuscolo "La Radio in Casa"). In questa sede però ci occupiamo solo della tecnica e non della storia.

Iniziamo dal significato del nome. Il termine "eterodina" significa più o meno "forze diverse" (in greco) ed è stato coniato negli anni '10 per indicare un sistema di rivelazione a battimenti che permetteva di rendere udibili i segnali radiotelegrafici.  L'invenzione di Levy ed Armstrong parte dallo stesso principio, ma il segnale che si ottiene non è udibile ma ultrasonico, da cui l'aggiunta del prefisso "super" (super[sonic] heterodyne): superheterodyne.

Il principio è quello di convertire il segnale che si desidera ricevere in un nuovo segnale avente frequenza fissa, indipendente da quella del segnale d'ingresso, ma avente la stessa modulazione. E' un'operazione piuttosto comune in elettronica, e si basa sul principio del "prodotto analogico" di due segnali, equivalente al fenomeno dei "battimenti" in acustica. Chi si occupa di musica, ed in particolare di armonia, sa bene che se in uno strumento si suonano due o più note contemporaneamente, ciò che si ottiene non è una semplice sovrapposizione di suoni, ma qualcosa di molto più ricco: l'accordo. Un accordo musicale contiene, oltre alle singole note che lo compongono, anche altri suoni, generati da tutte le possibili combinazioni dei suoni di base, tra cui ci interessano quelli che si ottengono sommando e sottraendo le frequenze di partenza (i cosiddetti "armonici"). Lo strumento musicale provvede ad esaltare la ricchezza dell'accordo, grazie alle particolarità costruttive che lo contraddistinguono, per esempio la cassa armonica.  Lo stesso avviene in elettronica. Due segnali radio a frequenza diversa, messi in condizioni di agire sullo stesso elemento, generano una serie di armonici, tra cui la somma e la differenza delle frequenze di partenza. Questo è il principio. Per applicarlo, però, occorrono due segnali. Uno è il segnale che vogliamo ricevere, presente in antenna e selezionato dal circuito di sintonia. L'altro deve essere prodotto localmente, da un oscillatore apposito (l'oscillatore locale). Lo schema di principio potrebbe essere simile a questo:

I due blocchi indicati come "filtro" sono dei circuiti accordati e hanno lo scopo di selezionare una sola frequenza, o meglio una banda più o meno stretta di frequenze. Tra i tanti segnali presenti in antenna, il primo filtro seleziona una banda che contiene il segnale alla frequenza f1 corrispondente alla stazione che si vuole ricevere. Questo segnale viene fatto interagire con un segnale a frequenza f2 prodotto localmente. L'oggetto indicato come "mescolatore" svolge appunto questa funzione. Il secondo filtro provvede a selezionare il segnale f3 (segnale "differenza") tra i tanti armonici presenti all'uscita del mescolatore. Se vogliamo che f3 sia costante qualunque sia il valore di f1, allora dovremo avere la possibilità di variare il valore di f2 in modo da mantenere costante la differenza f2 - f1.

Sapendo che un oscillatore a radiofrequenza si basa su un circuito accordato, possiamo vedere più in dettaglio lo schema di sopra, aggiungendo quello che manca per ottenere un sistema a sintonia variabile:

 

Gli elementi interessanti sono i due circuiti accordati (d'antenna e d'oscillatore). La linea tratteggiata che unisce i due simboli dei condensatori variabili indica che questi due controlli sono tra loro uniti, azionabili mediante un'unica manopola (comando di sintonia). In questo modo ogni frequenza d'ingresso può essere mescolata con la giusta frequenza locale in modo da mantenere sempre costante la frequenza risultante (Frequenza Intermedia: FI). Il secondo filtro può quindi essere fisso, regolato una volta per tutte sulla FI, e così pure tutti i filtri e gli amplificatori che vengono dopo. Questo è il principio della supereterodina.

 

Per chi comincia
Torna alla Pagina della Tecnica